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NO COMMENT / Che cosa c'è dietro l'abiura di Fazio

di Fabio Tamburini

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16 gennaio 2010

Incredibile ma vero. L'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, si difende nei processi davanti al Tribunale di Milano negando di essersi mosso in difesa dell'italianità del sistema bancario e sostenendo di essere stato imbrogliato dall'allora amministratore delegato della Banca popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani. Immediato il commento di uno dei pubblici ministeri protagonisti delle indagini sulle scalate alla Antonveneta e alla Bnl: «A prima vista l'errore di strategia difensiva è clamoroso», dice il magistrato. E spiega: «Un imputato può negare l'evidenza e, a volte, la scelta paga. Condizione indispensabile però è che le sue affermazioni non siano smentite da riscontri documentali».

Il fatto è che contro Fazio, sempre secondo il pm, «c'è una mole di documentazione davvero notevole». Si tratta di intercettazioni telefoniche durate settimane da cui il ruolo dell'ex governatore come regista e ispiratore della resistenza italiana contro gli olandesi di Abn Amro (nel caso dell'Antonveneta) e degli spagnoli del Bilbao (per Bnl) risulta difficile da negare. Come si spiegano, allora, le dichiarazioni di Fazio? L'ex governatore ha scelto come avvocato uno dei penalisti di maggior spicco: Franco Coppi, difensore tra gli altri del senatore a vita Giulio Andreotti (Coppi, tra l'altro, ha seguito le vicende fin dal 2005, sempre come consulente di Fazio). Dunque è difeso al meglio. E l'abiura dell'ex pupillo Fiorani non è un passo falso ma il tentativo di smontare le tesi dell'accusa, che hanno come presupposto tre passaggi chiave: la difesa dell'italianità delle banche da parte di Fazio, le difficoltà di trovare alternative a olandesi e spagnoli, il supporto a Fiorani e al numero uno di Unipol, Giovanni Consorte.

Proprio questa ricostruzione regge le accuse su reati specifici. Tuttavia, le insidie maggiori per l'ex governatore non arrivano da una eventuale condanna penale. Certamente, ammesso che non si arrivi alla prescrizione, sarebbe una macchia ma, anche per via dell'età avanzata, il rischio non è il carcere. I pericoli sono di altro genere: le pene patrimoniali perché, una volta pronunciata la sentenza di condanna in sede penale, gli avvocati dell'Abn Amro e del Bilbao potranno chiedere il risarcimento patrimoniale dei danni subiti in sede civile.

Ecco perché il tentativo, per la verità molto azzardato, è di correre al riparo negando l'evidenza e scaricando Fiorani, definito un «tessitore di trame fraudolente» e accusato di averlo «tratto in inganno».

In teoria lo stesso Fiorani potrebbe essere tentato di rispondere per le rime. Ma non è detto che finirà così perché la posizione assunta da Fazio nega lo scopo nobile delle grandi manovre avvenute nella primavera 2005, cioè la difesa dell'italianità delle banche, ma risulterebbe utile perfino ad altri imputati. Esclusa la regia di Bankitalia, infatti, ogni vicenda sarebbe destinata a ridimensionarsi. Di conseguenza, in caso di successo, la linea difensiva scelta suggerita da Coppi potrebbe rivelarsi una trovata geniale un po' per tutti gli imputati.

Nell'attesa Fazio continua a sognare il grande ritorno fallito con la mancata nomina alla presidenza dello Ior, la banca del Vaticano. Alla fine, nel settembre scorso, gli è stato preferito Ettore Gotti Tedeschi, in precedenza responsabile dello spagnolo Santander in Italia. Per l'occasione Fazio ha mobilitato la rete dei rapporti costruiti nei tanti anni trascorsi in Banca d'Italia e quelli dei cattolici tradizionalisti a cui è sempre stato vicino. E che sono pronti a mobilitarsi per assicurargli un futuro adeguato.

16 gennaio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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