«Rivogliamo i nostri soldi indietro». E non sono pochi: sono novanta miliardi di dollari. Barack Obama è stato duro con le banche: ha chiesto loro di restituire, sia pure in dieci anni, gli aiuti forniti dallo stato per salvarle. Sa che dietro di lui c'è la massa dei contribuenti, che hanno visto le imposte da loro pagate alimentare con grande disinvoltura, almeno da un certo momento in poi, i bonus ai manager e gli utili per i gruppi creditizi. Sa anche però che non ha l'appoggio di tutti i democratici, timorosi dell'applicabilità della nuova tassa sulle banche, del rischio di non ottenere l'approvazione del Senato e dei danni che potrebbe arrecare al sistema finanziario americano. Obama però non si è curato di queste preoccupazioni e, a dieci mesi dalle elezioni di mid-term, ha mostrato un volto decisamente populista per cavalcare la rabbia degli americani. Obama però non è Chavez, la sua è una sfida ai repubblicani e soprattutto a coloro che, con Sarah Palin, contestano le sue politiche perché rischiano di far aumentare la pressione fiscale: se gli avversari di Obama si opporranno anche a questa proposta, saranno accusati di parteggiare per i banchieri che hanno usato i soldi dei contribuenti, se l'appoggeranno perderanno i favori del fronte anti-imposte. Un bel dilemma.