Se mai ci fosse stato bisogno di una conferma del valore "keynesiano" del piano casa, la richiesta avanzata ieri da Assomet (l'associazione delle aziende che lavorano i metalli non ferrosi) l'ha rafforzata. Gli industriali del settore hanno chiesto lo sblocco dei piani casa locali, il cui potenziale per il settore edile e del suo indotto è notevole. Dopo lo slancio iniziale imposto al tema dal governo, il pacchetto di misure per la costruzione degli ampliamenti si è arenato. Prima in una farraginosa legislazione-cornice delle regioni, poi nei meandri delle autorizzazioni dei comuni, bloccati nelle loro capacità d'investimento dai vincoli ancor più ferrei del patto di stabilità interno. È un classico caso di decentramento mal riuscito se a farne le spese è soprattutto uno strumento che farebbe girare l'economia, creerebbe domanda interna (oggi languente) e aumenterebbe la qualità abitativa. I candidati alle elezioni regionali glissano sul tema perché la competenza ultima finisce ai comuni, ma una pressione forte, come sono quelle proprie delle campagne elettorali, avrebbe un effetto "politico" dirimente anche sul torpore (più o meno voluto) degli enti locali.