Non è – come dice la Fiom con accenti di cui renderà conto alla storia sindacale, purtroppo non per la prima volta – un accordo raggiunto da «sindacalisti mediocri». La firma del contratto dei metalmeccanici, 100 giorni di trattativa, pochissime ore di sciopero e chiusura con due mesi di anticipo sulla scadenza, è una buona notizia. Per il futuro di una intera categoria impegnata a reggere insieme, imprenditori e lavoratori, l'urto di una crisi mai vista e per il futuro e il presente dell'economia di tutto il paese, per la tenuta sociale dell'Italia, un catalizzatore decisivo per il rilancio.
L'accordo, che segue quello degli alimentaristi, sarà esempio per i prossimi rinnovi e ha molto da suggerire al pubblico impiego dove l'austerità non va mai di moda e dove il non-rischio per il posto di lavoro non ha mai un valore nella retribuzione.
La firma di ieri dimostra che sta funzionando il modello di nuove relazioni industriali messo a punto a inizio anno. Una riforma importante, di sistema, che dispiega i suoi primi effetti concreti. Più peso alla contrattazione azienda per azienda e un nuovo ruolo agli enti bilaterali dove impresa e lavoratori potranno, ad esempio, sperimentare una nuova forma di welfare aziendale. Cominceranno con la creazione di un fondo congiunto per assistere chi perderà il lavoro in futuro. La Cgil non ha firmato le regole generali, e di conseguenza non gioca le singole partite. La maggiore sigla sindacale si è legata a una coerenza autolesionista e imposta dai massimalisti, rischiando l'irrilevanza o, peggio, inseguendo un ritorno a un conflitto aspro e gravissimo in tempi di recessione.
La battaglia di retroguardia dei meccanici Cgil svaluta il contributo che un accordo sindacale valido per quasi un milione di addetti porta al recupero della domanda interna. È proprio la domanda interna a soffrire più di altre componenti, come dimostrano anche i dati diffusi ieri dalla Banca d'Italia; un aumento dei redditi, in una stagione che vede in gioco i posti di lavoro e una vera e propria gelata sui consumi, è più che positivo. Alimenta il circuito della fiducia, ingrediente tanto impalpabile quanto necessario a qualunque tipo di rilancio dell'economia.
La nuova condivisione della consapevolezza per la gravità del momento è il risultato più importante. La trattativa c'è stata, serrata, a tratti vicina alla scontro senza ritorno. Alla fine la mediazione è arrivata. Le parti sociali hanno fatto la loro scelta, sono arrivate a un accordo, che è pur sempre la missione prima di qualunque rappresentanza di interessi. Ora tocca a governo e banche completare l'opera. Riforme e incentivi dall'uno, credito più facile dalle altre.