In un colpo solo marketing territoriale e ripianamento del disavanzo: così ti rivoluziono il marchio cittadino. L'ambizioso abbinamento è contenuto nel nuovo Codice della proprietà industriale, approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Il Colosseo, il Duomo di Milano, il Maschio Angioino e altri simboli storici, culturali o paesaggistici potranno essere formidabili strumenti commerciali per le amministrazioni, ma solo a una condizione: i proventi che deriveranno dal merchandising e lo sfruttamento del logo, compresa la concessione di licenze, dovranno andare a copertura di eventuali disavanzi pregressi o al finanziamento delle attività istituzionali.
In sostanza, lo schema di decreto che modifica il Codice conferma per amministrazioni dello stato, regioni, province e comuni la possibilità di ottenere registrazioni di marchio (già prevista nel vecchio testo) ma stavolta celebra il matrimonio tra marketing e virtù di bilancio.
Non è l'unica novità in arrivo nel settore della proprietà industriale. Il ricercatore dell'università o di un ente di ricerca viene equiparato a quello di un'azienda privata. Il diritto sulle invenzioni dei ricercatori spetterà infatti a università ed enti e solo se questi non completeranno il deposito del brevetto entro sei mesi l'inventore tornerà in prima fila. Oggi, del resto, visti gli alti costi da affrontare, spesso e volentieri i ricercatori universitari rinunciano ad avventurarsi nella procedura per conseguire il brevetto. E proprio per questo, secondo gli autori della riforma, se ne può apprezzare il "nobile" obiettivo: incentivare le università a sfornare nuove invenzioni e permettere all'Italia di scalare posizioni nelle graduatorie internazionali.
Peccato però, già sottolinea qualche docente storcendo il naso, che per raggiungere questo traguardo serva ben altro, a cominciare da risorse adeguate da destinare alla ricerca.
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