Il mondo cambia e cambia anche l'Abi, l'associazione a cui fanno capo le banche italiane. Le usanze della casa sono toni soft, massima discrezione, ricerca di decisioni condivise dall'intero sistema bancario. La partita in corso per il rinnovo della presidenza, al contrario, risulta di segno opposto: clima acceso, contrapposizioni evidenti, entrate a gamba tesa. La spaccatura è tra i gruppi maggiori e l'ancora molto affollato mondo degli istituti di minor dimensione, dalle Popolari alle casse di risparmio, dalle banche di credito cooperativo a quelle private. Il primo a scendere in campo è stato Alessandro Profumo, l'amministratore delegato di UniCredit, nel ruolo che spesso preferisce, cioè il centravanti di sfondamento. L'annuncio, un paio di mesi fa, è stato la candidatura di Giuseppe Mussari, presidente di Banca Mps. Il fronte opposto si è poi coagulato intorno alla bandiera di Corrado Faissola, presidente dell'Abi da due mandati (ognuno biennale) nonché presidente di Banca Ubi.
In gioco c'è la guida di un'associazione cresciuta molto, come conferma il bilancio annuale che si aggira intorno a 40 milioni. I costi, per una parte davvero significativa, vengono sostenuti attualmente dalle banche maggiori, mentre nella nomina dei vertici hanno un peso decisivo i piccoli istituti. Ora la richiesta è di una svolta. E, di fronte all'arroccamento sul nome di Faissola, la minaccia dei banchieri più determinati è stata esplicita: siamo pronti, hanno detto, a prendere altre strade. Di sicuro l'associazione delle banche italiane, per la prima volta, è a rischio scissione.
I sostenitori di Mussari chiedono un vero cambio di passo. La premessa è che nei momenti più drammatici della crisi economica le grandi banche hanno dovuto difendersi da sole, incalzate dal potere politico e accusate di chiudere l'ombrello dei finanziamenti alle aziende proprio quando serviva di più. Non solo. Spesso è accaduto che le banche minori hanno colto l'occasione di sottolineare come proprio il loro radicamento sul territorio sia stato sinonimo di maggior sostegno alle imprese in difficoltà. La risposta di Faissola arriverà la settimana prossima, quando cominceranno gli incontri dei cinque saggi con i candidati alla presidenza, che illustreranno i rispettivi programmi.
Il calendario prevede martedì come primo appuntamento. Un giro di consultazioni che vedrà impegnati Alessandro Profumo (UniCredit), Enrico Salza (Intesa Sanpaolo), Alessandro Azzi (credito cooperativo), Giovanni Berneschi (casse di risparmio), Camillo Vanesio (banche private). Poi la palla passerà ai 31 componenti del comitato esecutivo, a cui toccherà votare il nuovo presidente. Ai cinque saggi Faissola spiegherà quelli che ritiene i successi della sua gestione: la difficile mediazione con il ministro Giulio Tremonti, la moratoria sui crediti delle piccole e medie imprese verso il sistema bancario (finora a quota 9 miliardi), il congelamento delle rate dei mutui per le famiglie in difficoltà.
Nel confronto in corso tra le due candidature spicca il silenzio di un personaggio chiave: Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo, in passato grande elettore di Faissola, a cui è legato sia dalle frequentazioni comuni bresciane, sia dai rapporti tra Intesa Sanpaolo e Banca Ubi. Anche da come si muoverà dipende l'esito dello scontro in corso, con la possibilità di una sorpresa finale: la nomina di un terzo candidato, gradito a entrambi gli schieramenti. Un nome circola già: Massimo Ponzellini, presidente della Banca popolare di Milano.
fabio.tamburini@ilsole24ore.com