Sul Sole 24 Ore di ieri Marco Fortis ha preso in esame la situazione italiana: i dati relativi al Pil sono utili e rigorosi se vengono utilizzati per analizzare il deficit dello stato, per il resto il prodotto interno lordo non va usato come pietra di paragone.
Negli ultimi anni la migliore dinamica del Pil di Usa, Gran Bretagna e Spagna rispetto all'Italia non è dovuta al trittico meritocrazia-liberalizzazioni-servizi ma all'esplosione dell'indebitamento del settore privato (famiglie e imprese non finanziarie). Così, nel 2009, il flusso del deficit pubblico americano in rapporto al Pil è stato, secondo l'ultimo consensus dell'Economist, del 9,9%, cioè il doppio di quello italiano (5%).
Da sottolineare che, per la Wto, Italia e Germania, tra 2000 e 2008, sono stati gli unici paesi industrializzati le cui quote di mercato sul totale dell'export mondiale di manufatti non alimentari hanno tenuto.
INDICATORI REALI
Tito Boeri
Università Bocconi
I conti pubblici peggiorano perché il paese va male e il paese va male perché la spesa pubblica è un treno in corsa. Il debito pubblico ci rende "schiavi del Pil": deve crescere a tassi annui del 2% per pagare gli interessi sul debito pubblico senza togliere risorse. Forse si discute del Pil perché è calato del 5% nel 2009 e dà risultati peggiori che negli altri paesi. Quando torneremo a crescere, nessuno "lassù" dirà più che il Pil è irrilevante.
Bernardo Bortolotti
Fondazione Mattei
Sono d'accordo con la lettura di Marco Fortis. Nel debito e nella gestione del debito contano non tanto gli stock quanto i flussi. Gli stock riflettono il livello attuale di debito di ogni economia; i flussi l'annuale accumulo di nuovi indebitamenti. L'Italia, abituata da decenni a gestire in modo efficiente un elevato stock (collocato perlopiù all'estero), a cavallo della crisi, ha registrato stock di debito più bassi rispetto a paesi abituati a gestire quantitativi inferiori in passato: così, fra 2007 e 2010, in Italia si prevede una variazione del debito sul Pil dell'11%, negli Usa del 45 per cento.
Fabrizio Onida
Università Bocconi
Il Pil è un indicatore da considerare sempre con attenzione ma non può essere l'unico che si utilizza per valutare il sistema paese. È corretto, come scrive Marco Fortis, sottolineare che l'Italia, durante la crisi, ha perso meno quote di mercato internazionale rispetto a Usa, Spagna. Un giudizio complessivo sul paese non può prescindere da altri indicatori macroeconomici: il tasso di occupazione, gli investimenti in ricerca, il numero di ricercatori su mille abitanti, il tasso di istruzione. In Italia questi indicatori hanno livelli molto bassi.
Italia: peggio i conti o il paese?