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LA MACCHINA DEL CONSENSO / Attento, il nemico ti parla!

di Moisés Naím *

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17 NOVEMBRE 2009

Il Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio conta già 500 membri e sta crescendo rapidamente. Lo si può trovare su Facebook, il sito web dove tutto è possibile. Più avanti vi racconterò qualcosa in più sul Comitato antivizio. Siti come Facebook aiutano a ritrovare vecchi amori e a stringere nuove amicizie, oltre ad organizzare feste e cercare lavoro. Servono inoltre per lottare contro le dittature, denunciare i politici corrotti o raccogliere fondi per salvare la vita di bambini malati. Con 300 milioni di iscritti che comunicano in 68 lingue, Facebook è il più popolare tra i nuovi mezzi nati grazie a Internet. E allo stesso modo stanno cambiando il mondo i messaggini inviati tramite Twitter, i blog, YouTube, Flickr ed altre tecnologie simili.
È allettante pensare che tutto ciò non può che avere conseguenze liberatorie e positive. I monaci buddisti in Birmania, gli studenti anti-Chávez in Venezuela, gli uiguri in Cina o gli oppositori di Ahmadinejad in Iran hanno tutti rafforzato la propria influenza politica grazie a queste nuove tecnologie. Le utilizzano per reclutare nuovi membri, coordinare le proprie azioni, svelare gli abusi dei tiranni, radunare milioni di persone in piazza o raccogliere fondi. La rete è positiva per la democrazia e negativa per i dittatori.
Ma ne siamo proprio sicuri? No. Evgeny Morozov, uno dei più brillanti analisti dell'influenza politica di Internet, ci ricorda che: «La storia dimostra che le nuove tecnologie solitamente aiutano tutte le forze politiche allo stesso modo, non solo quelle caratterizzate da intenzioni più nobili o democratiche». Ciononostante, l'opinione diffusa è che i governi, soprattutto quelli più autoritari, stiano perdendo terreno nei confronti delle reti di cibernauti attivisti e affamati di democrazia. Ma la realtà dimostra che governi come quelli di Russia, Iran, Cina o Cuba non si limitano più a leggere furtivamente la posta elettronica dei cittadini, a bloccare l'accesso a certi siti Internet, censurare la ricerca in rete di termini o nominativi di persone o organizzazioni dissidenti, o semplicemente a sospendere il servizio di telefonia cellulare.
Tutto questo continua ad accadere, ma anche le tirannie si evolvono e i governi autoritari non sono più i cibertonti di qualche anno fa. La nuova ricercatezza dei governi nei confronti dell'uso di internet a fini repressivi è raccapricciante. Il governo cinese, per esempio, dispone di 280.000 persone che si dedicano ad individuare le chat virtuali dove si dibatte di argomenti considerati dal regime inopportuni. Questi funzionari intervengono in modo attivo nelle chat, presentandosi come semplici partecipanti. Il loro obiettivo è però quello di sabotare le conversazioni, inserendovi altri temi, confondendole, e sommergendole di una valanga di messaggi. Vengono retribuiti dal governo con 50 centesimi cinesi per ogni parola scritta. In Russia, il governo finanza generosamente le nuove aziende che diffondono in rete messaggi pro-regime o sabotano i siti web che lo criticano.
Di recente, a Mosca, un capo della polizia ha ammesso di essere, assieme ad altri suoi colleghi, un avido lettore dei messaggi di Twitter: «Ci permette di sapere ciò che accade, di essere a conoscenza delle idee di ognuno e dei loro piani e di agire immediatamente », ha spiegato. Internet ha concesso ampie possibilità agli attivisti democratici, aumentando la loro vivacità, ma allo stesso tempo ha fornito nuovi e potenti strumenti repressivi ai regimi autoritari. Secondo Morozov, «l'attivismo in Internet è più facile da monitorare, studiare e controllare rispetto all'attivismo fisico e quello di strada.
Qual è il vantaggio di fare in modo che, attraverso un annuncio via Twitter, 100 giovani attivisti iraniani si radunino in piazza per protestare, se il governo legge questi stessi messaggi identificando così tali ragazzi? ». Inoltre, i governi possono acquistare le tecnologie più avanzate per intercettare comunicazioni telefoniche o messaggi elettronici, individuare modelli di condotta e strutture sociali nella rete, così come attaccare i computer dei nemici politici.
Sempre più spesso, gli attivisti internauti finiscono malmenati o incarcerati e, senza volerlo, diventano preziosi collaboratori del regime dato che, attraverso i messaggi elettronici che vengono intercettati, rivelano i nomi e le intenzioni dei propri alleati. I cibertonti di oggi non sono più i governi autoritari, bensì gli attivisti che, spinti dalla passione per la libertà e la disperazione di fronte agli abusi dei tiranni, sono portati a fidarsi in maniera eccessiva della riservatezza delle comunicazioni via Internet. E il Comitato per la promozione della Virtù e la prevenzione del Vizio? È l'iniziativa della polizia religiosa dell'Arabia Saudita, su Facebook.

* DIRETTORE DI FOREIGN POLICY

17 NOVEMBRE 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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