Il memoriale ai caduti italiani nelle missioni internazionali di pace proposto dal Sole 24 Ore il 22 settembre continua a suscitare riflessioni e idee nel mondo dell'architettura italiana. Diventa un'occasione non solo per progettare luoghi di incontro fra culture diverse, ma anche per rinnovare l'idea stessa di monumento, allargandone i confini oltre l'ottocentesco luogo fisso fino a ospitare nello spazio del memoriale un gran numero di emozioni individuali e riflessioni meditative. «Il senso del memoriale non è quello di essere un luogo preciso in cui le persone vanno per ricordare», dice Michele De Lucchi, architetto milanese, 58 anni. «Un memoriale è un luogo ampio e distribuito nel mondo perché la memoria dovrebbe accompagnare sempre le persone. Non è un elemento simbolico, ma un segno reale che interagisce con le vite di tutti e che si può incontrare casualmente per ricordare che ogni giorno è buono per cercare la pace».

Fedele a questa immagine, De Lucchi ci ha inviato il suo concept che rappresenta una «metaforica passeggiata della memoria»: una strada «dove siano posate delle milestones, dipinte di un colore come il bianco o il nero, con i nomi dei caduti nelle missioni di pace».
Al paesaggio fa riferimento anche l'idea di Andreas Kipar, architetto di origini tedesche che proprio di landscape si occupa con il suo studio milanese Land.

La sua proposta Il peso del cielo è un dialogo con l'Altare della patria: un giardino-cratere con le sponde fiorite che dovrebbe sorgere proprio davanti al monumento del milite ignoto.
«Roma - spiega Kipar - è per eccellenza la città dei monumenti. Un monumento nuovo rischierebbe di sparire nel confronto con gli altri. Per questo propongo un dialogo diretto tra il monumento in pietra bianca, scelta per ricordare i caduti in guerra e un giardino con le sponde fiorite, al centro del quale prevedo una piastra con i nomi dei caduti, che si illumineranno di notte. Come fosse una cometa che lì brucia. E intorno la morbidezza del prato».

I fiori e l'erba, in dialogo con la pesantezza della pietra dell'Altare retrostante. «Diversamente dalle guerre, la lotta per la pace - sottolinea Kipar - non ha vinti, così è il ciclo della vita dei fiori, che crescono, si falciano e ricrescono». Lontano dalla strumentalizzazione e dalla possibile retorica nell'affrontare il tema del memoriale, Kipar risponde con un'idea semplice densa di significato. «Sono un viaggiatore osservante, sento la libertà di fondo, emotivamente non sono molto coinvolto e forse per questo mi sono affidato al buon senso. I monumenti per i soldati che hanno combattuto in guerra sono da onorare: per loro la causa era dichiarata a priori. Quelli per i giovani partiti per le missioni di pace sono altra cosa, per la prima volta nella storia questi sono morti, dichiaratamente, per la pace».

Di paesaggio, ma anche del rapporto fra architetto e artista parlano Giovanni Multari e Vincenzo Corvino, architetti quarantenni con studio a Napoli e Milano, che con l'artista Sergio Fermariello hanno proposto un Parco della memoria. Uno spazio silenzioso, un luogo contemplativo che apre verso il paesaggio. «Penso un paesaggio urbano come quello che ha costruito Peter Eisenman a Berlino con il memoriale per le vittime dell'Olocausto», dice Giovanni Multari, richiamando il sistema di blocchi di calcestruzzo, diversamente articolati, allineati ma di altezze diverse, «dove è possibile conoscere e studiare, informarsi su cosa rappresenta quel luogo». Anche per lui «il memoriale oggi non può più essere una stele, fine a se stessa».

Lo studio Corvino+Multari ha tentato con Fermariello un incontro tra arti differenti: pensano a un documento tridimensionale che abbia un uso pacifico, anche loro immaginano un giardino. «Il giardino che è luogo dell'intimità, inserito in un parco, luogo della contemplazione». Qui alzano due setti verticali dove si potranno leggere i nomi dei caduti, sopra prevedono una scultura leggera, un filtro in acciaio corten, a rappresentare il tema della moltitudine.
Sinergia tra arte e architettura per realizzare uno spazio aperto, «un perimetro limitato, ma non necessariamente costretto» dove le sculture di Fermariello rimandano al tema della storia dell'uomo e ricordano le migliaia di vite passate e cadute. Un intervento che cattura la moltitudine nel silenzio e nel rispetto di un necessario senso comune. Fermariello spiega il lavoro ricorrendo a un linguaggio denso di lirismo. «A noi su questa terra mortali, migranti come uccelli di passo, non è dato vincere il tempo con le parole, né innalzare altari di pietra per l'eternità. Solo ci sarà concesso raccogliere in una forma l'impronta perenne del nostro lutto errante».

La passeggiata della memoria di De Lucchi dovrebbe attraversare i diversi paesi che hanno subìto la perdita dei giovani, il giardino di Kipar crescere nel centro della città, mentre il parco di Corvino+Multari con Fermariello è pensato come nuovo spazio urbano, non da usare per spettacoli né per il gioco dei bambini, ma un luogo silenzioso e socializzante, dove si parla, si cammina, si legge il giornale su una panchina.

In risposta al rischio retorica, che mette in soggezione molti colleghi architetti e artisti, Corvino+Multari con Fermariello rispondono che il memoriale non deve essere né di destra né di sinistra. «Che la destra sia sempre stata delegata ad avere un rapporto con la storia, è una grande lacuna del pensiero laico. La lacuna vera è affrontare il rapporto dell'eroico con la patria. Per avere una forte identità del proprio territorio bisogna conoscere il passato e assumerlo negli atti che contraddistinguono il presente».