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Moltiplicare authority non migliora i controlli

di Donato Masciandaro

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17 settembre 2009

Nel discorso a Wall Street un anno dopo il crack Lehman, Barack Obama ha annunciato la più radicale riforma finanziaria dai tempi della Grande Crisi. Obama ha affermato che occorre cambiare le regole su come fare finanza e come controllarlo. Sui controlli abbiamo già la proposta del Presidente, che purtroppo sembra partire con il piede sbagliato: ancora troppi controllori, ancora troppo potere discrezionale alla Fed.
Lo scorso giugno Obama ha presentato un White Paper, che descriveva la sua proposta sul futuro disegno dei controlli negli Usa. Due i cardini di tale riforma: la struttura dei controllori; il ruolo della Fed.

Riguardo l'architettura dei controlli, Obama propone due nuove authority: L'Agenzia federale di supervisione bancaria e l'Agenzia federale di tutela del consumatore finanziario. L'Agenzia di supervisione finanziaria dovrebbe vigilare su tutte le banche federali, incorporando due degli esistenti organismi settoriali. L'Agenzia di tutela del consumatore dovrebbe tutelare tutti i consumatori di prodotti e servizi finanziari da abusi e raggiri.
Inoltre Obama propone di costituire un ulteriore nuovo organo federale – il Consiglio federale di supervisione – per agevolare la cooperazione tra i vigilanti federali: la Fed, il ministero del Tesoro, la nuova Agenzia federale di supervisione, l'Agenzia di garanzia dei depositi, la Sec, la Commissione sul mercato dei future, l'Agenzia sul finanziamento immobiliare, la nuova Agenzia del consumatore. Inoltre, rimarrebbero le oltre cento agenzie di controllo che ogni stato della federazione ha per supervisionare banche e finanziarie locali.

Questo lungo elenco fa da solo comprendere come la proposta Obama eluda completamente di affrontare una delle cause della crisi finanziaria dal lato dei controlli. Gli Stati Uniti continuerebbero ad avere un totale di 115 autorità di vigilanza.
Neanche la vecchia Europa dei tanti stati sovrani raggiunge tanta frammentazione. I 27 paesi membri dell'Unione Europea hanno complessivamente 52 autorità di vigilanza: una media di 1,9 authority per paese, a fronte di 2,3 nel caso degli Stati Uniti.
L'effetto di un simile modello? Ricordiamo qualche numero. In termini d'efficienza, è stato calcolato che il sistema di vigilanza americano, in rapporto al Pil, costa due volte quello inglese, e oltre due volte e mezzo quello tedesco. In termini d'efficacia, tutto il mondo sta pagando i costi che si generano quando un regime con troppe autorità deve sorvegliare un mercato globale. Prima delle crisi, la pletora delle authority rende paradossalmente più facili i buchi nei controlli, e più probabili gli arbitraggi regolamentari. Per cui prevenire le crisi diviene più difficile.

Dopo le crisi, il modello ad autorità multipla produce il fenomeno della deresponsabilizzazione. Traduzione: alla domanda di chi è la colpa, nessuno riesce a dare una risposta. Ciascun vigilante scarica sugli altri le responsabilità, o su fattori esogeni e imponderabili.
Ma perché Obama sembra voler mantenere questo modello? La letteratura economica ci suggerisce che un sistema pletorico di vigilanza piace ai politici. Avere due livelli di controllo – uno statale e uno federale – entrambi con una molteplicità di authority consente la moltiplicazione delle rendite politiche. Quindi un'ipotetica riforma del Presidente che volesse razionalizzare il sistema incontrerebbe un fiero sbarramento, sia a livello federale che a livello congressuale.

In secondo luogo, la proposta di Obama accresce i poteri della Fed in termini di supervisione dei mercati, senza però ridisegnare i meccanismi con cui la Fed deve rendere conto del suo operato. La Banca centrale americana ha uno statuto che le consente di essere molto discrezionale. Infatti il suo agire è molto condizionato dalla figura del suo governatore: prima Volcker, poi Greenspan, ora Bernanke. Ma una banca centrale molto “personalizzabile” è rischiosa: il governatore può essere influenzato dalle banche, o dai politici, o da entrambi. Quindi, se è corretto ripensare ai poteri della banca centrale, è pericoloso allo stesso tempo non disegnare nuove regole a tutela di una corretta indipendenza della Fed, che significa anche e soprattutto render conto del proprio operato ai cittadini. Oppure una Fed influenzabile fa bene alla politica, chiunque sia il presidente degli Stati Uniti?

17 settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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