C'è un vento antielitario che sale in Europa e in Italia. Non è un inedito. È un vento che ha soffiato con forza negli Stati Uniti in molte parti del '900. Ronald Reagan lo ha cavalcato fino al paradosso: «Quelli di Washington...», ripeteva quando già era insediato da anni alla Casa Bianca. Lui era un magnifico rappresentante di quelli che la dottrina anglosassone ha definito gli «outside leader». In Italia, oggi, molti sembrano candidarsi a quel ruolo: «quelli di Roma», «quelli delle banche», «quelli di Bruxelles». Niente di particolarmente nuovo, niente di cui stupirsi. In fondo le élite italiane ed europee hanno spesso alimentato quel vento. Ma a un paese le élite servono. Che siano politici, banchieri, imprenditori o intellettuali: senza classi dirigenti non si governano le società complesse di oggi. Ieri l'Aspen Italia ha celebrato i suoi 25 anni. Ospite d'onore: Valéry Giscard d'Estaing. È stata ricordata una storia di confronto non partigiano e di progettualità - con protagonisti come Giulio Tremonti, Giuliano Amato, Enrico Letta - che è un emblema dell'utilità dell'élite. Anche se, talvolta, tra i suoi membri, c'è chi finge di dimenticarsene e gioca al paradosso di Reagan.