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Ovvero, per tornare alla fonte, «imprese tradizionali, che però sottoscrivono dei patti di aiuto ai paesi arretrati; fondazioni che sono espressione di singole imprese; gruppi d'imprese aventi scopi di utilità sociale; il variegato mondo dei soggetti della cosiddetta economia civile e di comunione. Non si tratta solo di un terzo settore, ma di una nuova ampia realtà composita, che coinvolge il privato e il pubblico e che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali».
«L'enciclica - conclude Sapelli - andrebbe quasi letta nelle università e nelle scuole di management per la sua portata innovativa: per il ruolo che assegna ai sindacati, per la considerazione del mercato che senza dono e gratuità non sarebbe possibile, per il ruolo tutt'altro che accessorio assegnato alla cooperazione sociale». Quanto al profitto come strumento e non come fine, si ha l'impressione che il teologo Ratzinger passerebbe l'esame di economia del professor Sapelli.