Sembra un gesto ammirevole; ma è solo un gesto. Akio Toyoda, pronipote del fondatore della Toyota, intende guidare personalmente il nuovo Comitato speciale per la qualità globale del gruppo automobilistico, che ha dovuto richiamare circa 8,5 milioni di vetture per difetti all'acceleratore e all'impianto frenante. È giusto che il leader di un'organizzazione si metta in gioco personalmente nei momenti di difficoltà, ma Toyoda non sembra volerlo fare fino in fondo: pur essendo un imprenditore privato - e non certo un uomo politico - non ha accettato di farsi ascoltare dal Parlamento del paese, gli Stati Uniti, in cui ha generato fino al 90% dei suoi utili operativi e che ospita alcuni impianti produttivi. Ben altre iniziative, oltre alle scuse, dovrebbe prendere l'uomo che ha visto, sotto la sua direzione, distruggere il patrimonio di un'industria che ha inventato - in altri tempi, sotto altre guide - il Toyota Production System, una filosofia aziendale che andava ben al di là della qualità totale "alla giapponese". A Tokyo - e non solo lì - il mondo funziona però così: le élites si scusano e non si assumono le proprie responsabilità; e il paese lentamente affonda.