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ALZARE O NO? / Se la bolla fa spavento non ci resta che il tasso

di Riccardo Sorrentino

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18 marzo 2010

È stata una riunione difficile, quella del 10 febbraio. Nel nero palazzo di granito della Riksbank di Stoccolma, il dibattito è stato accesissimo. Nessuna sorpresa: la questione sta facendo discutere tutti, nelle banche centrali: cosa fare di fronte a una bolla?
La politica monetaria è stata accusata di aver "gonfiato", negli anni scorsi, i prezzi di azioni, case e materie prime iniettando troppa liquidità. Oggi, in Svezia - e non solo qui - sta accadendo di nuovo: gli immobili sono alle stelle e in un'economia debole le famiglie continuano a contrarre mutui e comprar casa. La banca centrale, che indica al pubblico anche dove potrebbe portare i tassi in futuro, ha allora deciso di tener fermo il costo del denaro attuale - allo 0,25% - ma di aumentarlo di un quarto di punto nei prossimi mesi. Una decisione analoga è stata presa nel 2009 in Norvegia.

Non è stata una novità, a Oslo come a Stoccolma. Questa volta, però, una voce nel board della Riksbank si è alzata a dire «no»: quella di Lars Svensson, un'autorità accademica nel campo. Il professore avrebbe preferito tagliare di 0,25 punti il costo del denaro attuale e futuro, per avere più occupazione; senza temere «effetti paradossali», o «problemi ai mercati». Contro le bolle, ha detto, meglio usare le regole. I tassi sono uno strumento «brusco».

La stessa idea è stata espressa due giorni dopo, il 12, dal capo economista del Fondo monetario internazionale Olivier Blanchard nello studio Rethinking macroeconomic policy. Alzare i tassi contro le bolle riduce troppo la crescita, ha scritto; «ma - ha aggiunto - ci sono altri strumenti: chiamiamoli "di regolazione ciclica"», requisiti di liquidità che variano con l'andamento dei mercati. Anche questa non è novità: la Cina, per frenare la sua pericolosa bolla immobiliare, sta usando misure amministrative, sia pure molto meno sofisticate.

Alla Riksbank la proposta di Svensson non è stata ben accolta. L'idea di abbassare i tassi ha spaventato un po' tutti e il dibattito è stato molto intenso. Il vicegovernatore Lars Nyberg ha riassunto le idee della maggioranza: con la recessione in corso solo i tassi bassi possono spiegare i tanti mutui e i prezzi alti delle case. «La Riksbank contribuisce a questi sviluppi – ha detto - Non è impossibile che le famiglie stiano mettendo sotto stress le loro risorse più di quanto farebbero in tempi normali». Annunciare che il costo del denaro salirà prima del previsto non è un male, secondo Nyberg, che però, a sorpresa, ha ammesso che è meglio usare le regole.

È stata una rivelazione importante: risolvere il problema non è semplice. Gli esperti di politica monetaria sono molto divisi. La Banca dei regolamenti internazionali (Bri) di Basilea invita da tempo a usare i tassi: è essenziale che le banche centrali abbiano «abbastanza spazio perché la loro politica possa muoversi contro l'accumularsi di squilibri», spiega dal 2005 l'economista della Bri Claudio Borio. «La regolazione non è sufficiente», ha aggiunto, il giorno in cui usciva lo studio di Blanchard, il direttore generale Jaime Caruana. Coerente con le idee Bri sembra essere oggi la strategia della Bce, che monitora la moneta in circolo anche per capirne gli effetti sulle quotazioni; mentre la Banca del Giappone si è appena data il compito di tener conto degli squilibri finanziari. Il dibattito ha lambito anche la Fed, finora preoccupata solo dei crolli dei mercati. Di fronte a una bolla - si diceva a Washington - si interviene dopo che è esplosa, «per pulire tutto». Qualcosa però sta cambiando: Ben Bernanke ha ammesso che, in certi casi, si può anche agire sul costo del denaro; e con lui è schierata la vicepresidente designata, Janet Yellen.
Usare i tassi contro l'inflazione finanziaria pone però un rischio: quello di moltiplicare e creare conflitti tra gli obiettivi di politica monetaria. Per questo Svensson ha invitato i colleghi a preoccuparsi delle quotazioni solo se incidono su inflazione e crescita. La sua impostazione rende possibile, dove il target di inflazione è esplicito, valutare immediatamente l'operato dei banchieri centrali. Ma se il prezzo da pagare fosse troppo alto?

18 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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