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DOPO L'ARBITRATO / Repubblica fondata sul lavoro e buon senso

di Alberto Orioli

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18 marzo 2010

Per l'arbitrato, così come in genere per tutte le riforme attinenti il delicatissimo tema del lavoro, servirà la prova cocomero. Per scegliere il frutto più zuccherino un tempo si usava incidere un tassello a forma di cuneo per assaggiarne la polpa. Lo stesso andrà fatto – una volta che il testo sia promulgato dal Quirinale – per le nuove procedure di conciliazione e arbitrato previste dal collegato. Inutile gridare già al golpe normativo: è interesse di tutti, imprese e lavoratori, contare sui responsi rapidi e soddisfacenti decisi da un arbitro di fiducia comune, invece che impantanarsi nei mille giorni medi dell'attuale contenzioso. È uno scandalo se si deciderà «secondo equità»? Il tempo potrebbe dimostrare che l'entità dei risarcimenti sarà più che in linea con le medie ora decise dal giudice secondo legge.
Ha ragione il ministro Maurizio Sacconi quando – ancora ieri al Forum organizzato dai consulenti del lavoro e dal Sole 24 Ore – paventa il rischio dei toni cruenti da campagna elettorale sul tema caldo del lavoro. Meno quando si dice tentato dall'idea di lasciare tutto com'è.
L'allarme per lo smontaggio dell'articolo 18 (la tutela in tema di licenziamenti) è un fantasma evocato anche in occasione del varo del "collegato". Tanto strumentalmente quanto a sproposito, visto che dalle clausole compromissorie, come subito previsto dall'avviso comune concordato dalle parti sociali, è esclusa la materia del recesso. Non resta che aspettare di girare la boa del voto regionale. Dopo si apre un triennio di auspicabile bonaccia elettorale: il tempo giusto per approcciare le riforme che su welfare e lavoro producono, per loro natura, equità. Vanno estesi gli ammortizzatori sociali a chi oggi non ne beneficia; va scritto il nuovo Statuto dei lavori per evitare che le forme di flessibilità (abbinate a minori tutele) siano tutte a carico dei giovani destinati allo status perenne di lavoratori-spot. Va ulteriormente accelerato l'innalzamento dell'età pensionabile; vanno liberalizzati orari di lavoro e tempi di apertura dei servizi. Per farlo serve la convinzione politica di chi governa e (almeno) la buona fede di chi fa opposizione. Visto il clima, il buonsenso è ancora la riforma più rivoluzionaria.

18 marzo 2010
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