Ristrutturazioni parallele. La crisi non costringe solo le imprese a fare i conti con ciò che cambia – e con i numeri di segno meno – ma forza anche i partiti a cercare strade diverse. Accade nelle Marche dove il centro-sinistra mette alla prova del voto regionale una formula nuova alla luce della crisi e di un consenso più difficile da trattenere. Quello che non è accaduto in Puglia, succede qui con il Pd che si allea con l'Udc e l'Italia dei valori divorziando dalle forze di sinistra. Un tentativo di declinare le urgenze del lavoro e delle imprese con un vocabolario moderato che stinge più sui toni del bianco che del rosso. Ma di fronte ci sono numeri senza sfumature: un calo della produzione del 6,4% e di rimbalzo ore di cassa integrazione che si contano solo in milioni. Per la prima volta, la data di scadenza degli ammortizzatori sociali, mette in circolo una parola che anni di benessere locale avevano rimosso: licenziamenti. Uno spettro che il sindacato azzarda in una terra dove lavorare in un'azienda era come stare nella pubblica amministrazione.
Ma, per i partiti, c'è pure il segno meno dei consensi: qui alle scorse europee il Pdl è diventato il primo partito, il Pd ha perso voti e la Lega ha cominciato a infiltrarsi al di là della Padania. Anche da qui nasce la ristrutturazione centrista nata nel Pd. Che teme l'avanzata leghista già conclamata a Nord, verso la Romagna, terra più rossa delle altre valli. Basta un dato per capire come le Marche siano diventate un bacino fertile per un sindacato di territorio come è il Carroccio. Il 18% delle nuove piccole imprese marchigiane è di nazionalità extracomunitaria, cinese in particolare. E in uno dei luoghi caldi della crisi, Fabriano, alle scorse europee i seguaci del Senatur sono arrivati al 6,6 per cento.
Dalle Marche comincia un viaggio del Sole 24 Ore nei luoghi della crisi e del voto regionale per raccontare realtà che talvolta si specchiano o non si riconoscono.