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«In una fase in cui la domanda globale è tanto debole, la vostra è una politica che tende a scaricare sugli altri paesi il costo della crisi. Vi lamentate delle iniziative protezionistiche che ho applicato, ma il loro impatto è irrisorio rispetto al "protezionismo valutario cinese". Questa linea d'azione scaricherà i costi dell'aggiustamento sui partner commerciali della Cina. Per citare ancora Strauss-Kahn, "una valuta più forte è uno degli elementi di una serie di riforme necessarie. Permettere che il renminbi e altre valute asiatiche si rivalutino rispetto alle altre contribuirà a incrementare il potere d'acquisto delle famiglie, a far crescere la quota dei salari sul reddito e a offrire gli incentivi giusti per reindirizzare gli investimenti"».
«Voi avete deciso, sicuramente, che questi predicozzi sono irrilevanti. Ma quello che forse non avete chiaro è la velocità con cui un paese democratico è in grado di mutare atteggiamento, passando dalla mano tesa al pugno chiuso. Se nel prossimo anno o due il vostro surplus nel saldo con l'estero dovesse nuovamente schizzare alle stelle, e il nostro deficit dovesse fare lo stesso, sarebbe qualcosa che non potremmo assolutamente ignorare. Tanto più che analisti equilibrati –la Goldman Sachs, nel caso specifico – stimano che la Cina, proseguendo sulla strada attuale, nel 2020 potrebbe avere un surplus maggiore, rispetto al Pil mondiale, del "surplus combinato della Germania, del Giappone e dei Paesi del Medio Oriente nel 2007"».
«Ma non abbiamo tutto questo tempo. Se l'economia interna americana rimarrà debole e la disoccupazione rimarrà alta, mentre continuerà a crescere in modo esponenziale il nostro deficit commerciale, in particolare quello negli scambi bilaterali con la Cina, la pressione per "fare qualcosa" diventerebbe troppo forte. Dovrei prendere in considerazione azioni come quelle decise da Richard Nixon nel 1971: per costringere la Germania e il Giappone a rivalutare la loro moneta, il presidente di allora minacciò di introdurre una so-prattassa alle importazioni del 10 per cento. Con grande dispiacere potrei sentirmi obbligato a fare altrettanto, sostenendo poi che la determinazione della Cina a ostacolare gli indispensabili aggiustamenti del tasso di cambio era diventata intollerabile. Gli Stati Uniti hanno il diritto di proteggersi da un mercantilismo tanto spinto. Il sistema degli scambi ne uscirebbe terribilmente danneggiato, ma l'alternativa sarebbe insopportabile ».
Obama ha parlato in termini tanto crudi? Probabilmente no. Avrebbe dovuto farlo? Sì, a mio parere. Abbiamo perso abbastanza tempo a discutere delle politiche valutarie della Cina. Ora è il momento di agire.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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