L'arte si affida alla tecnologia. Il ministero dei Beni culturali ha già strizzato l'occhio a Facebook, Twitter e Youtube, su cui veicola le principali iniziative, i video di restauri girati dalle soprintendenze, le campagne pubblicitarie. Il progetto prevede anche applicazioni per l'iPhone, che interesseranno i 30 siti più visitati, tavoli touch screen da sistemare all'ingresso dei luoghi d'arte così da orientare il visitatore, installazioni 3D grazie alle quali passeggiare nella Roma antica, reti wi-fi per trasformare il museo in luogo di incontro e di lavoro.
L'intento è di appassionare sempre più persone alla cultura e di invertire così la tendenza negativa: anche il 2009, infatti, ha fatto registrare una flessione degli ingressi. All'appello è mancato circa un milione di visitatori: da 33 a 32 milioni. Un calo iniziato in sordina nel 2007, esploso nel 2008 e confermato l'anno scorso.
La crisi pesa anche nelle sale dei musei, dicono gli addetti ai lavori. Ma resta il fatto che il nostro patrimonio non ha mai fatto grandi numeri. Certo, c'è da fare i conti con i limiti degli spazi: collezioni ospitate in palazzi d'epoca, dove spesso gli ingressi devono essere per forza di cose contingentati. I margini di crescita, però, in alcune realtà ci sono. E così si è pensato di parlare d'arte con linguaggi nuovi.
Non che fino a oggi non ci si fosse accorti delle potenzialità delle nuove tecnologie. Per rimanere alle più recenti installazioni, a Pompei l'avatar di Giulio Polibio – il liberto riuscito a fare il salto sociale, tanto da potersi permettere una lussuosa dimora – accoglie i visitatori. Insieme al padrone di casa "rivivono" anche i familiari, calati nella quotidianità che precede l'eruzione. Gli Uffizi di Firenze, invece, hanno puntato sulla telefonia e hanno sviluppato un'applicazione per iPhone, iPod e, presto, per iPad: sullo schermo del telefonino scorrono le immagini delle opere della galleria, con le quali è possibile interagire.
Finora, però, si è trattato di interventi in ordine sparso. I Beni culturali, invece, scommettono su un programma articolato, che coinvolga buona parte delle realtà culturali.
Ma attenzione – avvertono gli esperti – al rischio che il virtuale finisca per sostituirsi al reale. Ciò che conta è l'oggetto vero: la statua, il quadro, il reperto. Ciò, insomma, che dà un senso all'esistenza del museo e che nessuna simulazione tridimensionale, per quanto perfetta, potrà mai rimpiazzare.