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Il discredito e l'onestà della politica

di Stefano Folli

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19 febbraio 2010
Il discredito e l'onestà della politica

Ci sono diversi modi per reagire alle cronache degli ultimi giorni e al senso di frustrazione che hanno prodotto nell'opinione pubblica. Tutti sono legittimi, a questo punto dell'inchiesta, dall'indignazione all'incredulità. Ma chi rappresenta il governo ha solo una strada davanti a sé: prendere molto sul serio il racconto di un'Italia opaca e ambigua, costruita intorno a una rete affaristica che cerca e trova complicità politiche. Un'Italia equivoca che ha gettato ombre e discredito sulla macchina della Protezione civile, simbolo positivo di un paese che non si rassegna alle disgrazie.

In seguito si tratterà di definire le responsabilità penali, dove ci sono, e colpire con durezza i fenomeni di corruzione o magari solo di malcostume. S'intende, le intercettazioni non rappresentano una prova e non autorizzano anatemi, giudizi sommari e sentenze mediatiche. Tuttavia sono parte integrante dell'indagine e hanno avuto la funzione non secondaria di raccontare una brutta commedia umana, con il suo bagaglio di miserie e di furberie. È chiaro che nelle registrazioni cosiddette «a strascico» tante persone perbene sono state citate senza che abbiano commesso colpe di alcun genere. Ma un dibattito sul sistema delle intercettazioni sarebbe oggi del tutto improprio, di fronte al marcio che è venuto a galla. Se ne riparlerà semmai più avanti, quando le emozioni saranno meno accese e chi ha sbagliato avrà pagato.
Fin d'ora, però, esiste un livello politico della vicenda che nessuno può sottovalutare. Qualsiasi reazione che tende a minimizzare gli eventi, ovvero a non cogliere tutte le implicazioni, soprattutto umane e psicologiche, di quanto è accaduto, rappresenta uno schiaffo all'Italia civile, la vittima incolpevole dell'affarismo.
Ecco perché la lettera del sottosegretario Gianni Letta alla presidente della provincia dell'Aquila è un documento serio e onesto.

Ma soprattutto è il gesto politico che ci si attende da chi non può ammettere nemmeno l'ombra del sospetto. Vedremo in sede giudiziaria fino a che punto sono state violate le regole.
Ma la violazione peggiore riguarda i sentimenti degli aquilani, o meglio di tutti gli italiani che hanno creduto nell'immagine seducente della Protezione civile. È a loro che Letta ha voluto parlare, come primo atto di una nuova stagione della trasparenza che viene giustamente evocata nella lettera e che non può restare solo un auspicio.

Ne va dell'onorabilità di persone, a cominciare da Gianni Letta e dallo stesso Guido Bertolaso, a cui va il merito storico di aver costruito un modello d'intervento nelle emergenze che resta un paradigma d'efficienza e di servizio al paese. Ma che fin dal primo momento non poteva esistere e offrire buona prova di sé senza efficaci strumenti di controllo. Aver sottovalutato questo punto cruciale rappresenta un errore: non solo dal punto di vista legale, ma politico. Garantire per il futuro un meccanismo di scelta limpido da applicare agli appalti è l'unica risposta politica che può venire in queste ore. È ciò che gli italiani si aspettano.

Bisogna aggiungere un altro punto. Per quanto sia quasi inevitabile in democrazia, Gianni Letta non merita di essere crocefisso sul piano mediatico. Nella bilancia del dare e dell'avere, egli ha dato molto al paese in termini di impegno, di conoscenza della macchina statale e, possiamo dirlo senz'altro, di disinteresse personale.

Si potrebbe dire che nel corso degli anni, attraverso uno straordinario dispendio di energie personali, Letta ha conciliato il berlusconismo con le istituzioni.

Non è riuscito a smussare tutti gli angoli e non ha evitato tutti gli incidenti, ma ne ha risolti un numero rilevante, molti dei quali non sono mai venuti a conoscenza della pubblica opinione. Ha esercitato il potere con senso delle istituzioni, merce non troppo diffusa di questi tempi: e questo gli è stato riconosciuto in innumerevoli occasioni dall'opposizione. Anzi, forse più dall'opposizione che da qualche settore della sua maggioranza.
Colpire Letta senza validi motivi, al solo scopo di ferire il premier Silvio Berlusconi nel punto più sensibile, l'unico che potrebbe davvero piegarlo, è un'operazione che non giova a nessuno. Sotto le macerie del discredito generalizzato rischierebbero di restare in tanti. Troppi.

19 febbraio 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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