Un bilancio dell'euro a dieci anni dalla sua introduzione è certamente un discorso complesso. Con il suo editoriale del 15 gennaio, Alberto Alesina ha cominciato ad affrontare l'argomento, ma certo non lo ha esaurito. Su alcuni aspetti Alesina ha ovviamente ragione: una grande moneta è più difficilmente attaccabile dalla speculazione. In questi anni in un'Europa senza euro avremmo probabilmente visto molte crisi valutarie.
Ma questo argomento è solo uno degli aspetti. La grande questione da affrontare per dare un giudizio sull'euro riguarda i tassi di sviluppo dei paesi dell'area euro in questi anni. Sono stati più bassi di quelli dei paesi non euro dell'Europa, nonché di quelli degli Usa e dei paesi asiatici. Questo è un punto cruciale nella valutazione dell'euro, ma la questione non è se in astratto sia bene che esista la moneta unica, ma se in concreto la politica monetaria condotta dalla Bce sia stata la migliore e la più opportuna.
Su questo punto Alesina fa una affermazione molto recisa, senza però offrire adeguati argomenti a supporto. Scrive: «Non è certo con la politica monetaria che si sostiene lo sviluppo nel medio periodo per un paese in cui la produttività e la produzione crescono poco». Ma Alesina è veramente sicuro che la politica monetaria sia del tutto irrilevante dal punto di vista dello sviluppo economico dell'occupazione? Scrive «nel medio periodo». Questo mi fa pensare che anche per lui probabilmente il discorso sia diverso per il breve periodo.
Ma quanto è breve, il breve periodo? E che succede fra il breve e il medio periodo? Concretamente non credo che sia possibile escludere un effetto della politica monetaria, cioè dei tassi d'interesse, sugli investimenti e quindi sull'occupazione. E se una politica monetaria favorisce gli investimenti, questo può avere effetti e in linea generale avrà effetti sulla produttività nel breve e nel medio periodo, in quanto gli investimenti generalmente incorporano le tecnologie più moderne e sono quindi il veicolo degli aumenti di produttività.
Ma vi è di più. La politica monetaria, influenzando i tassi d'interesse, determina la direzione e la misura dei movimenti di capitale e questo a sua volta influisce sul tasso di cambio. Il mio dubbio sulla politica della Bce in questi anni è che essa ha assistito senza reagire, se non addirittura scientemente favorito un differenziale fra i tassi d'interessi europei e americani che ha prodotto la corsa verso l'alto dell'euro, una concausa della crisi industriale e occupazionale dell'Europa. Il professor Alesina probabilmente risponderebbe che così agendo la Bce ha tenuto bassi i prezzi delle materie prime importate nell'area euro e quindi l'inflazione. Vero, ma si tratta di stabilire se sono maggiori i vantaggi di una bassa inflazione o i danni di un'alta disoccupazione.
Queste sono alcune delle osservazioni e degli interrogativi che pone l'analisi di Alesina, che ha ovviamente il merito di avere aperto una discussione importante.