Haiti come Copenhagen. Il mondo non ha più una guida, è confuso. Nella capitale danese non abbiamo saputo trovare una condivisa strategia per svilupparci senza distruggere il pianeta, americani contro cinesi, poveri e nuovi ricchi contro tutti, europei svagati.

Ad Haiti americani, europei, volontari, Onu e gracili autorità locali si scontrano nel tentativo di mettere ordine nella tragedia. Ognuno prova a fare del suo meglio, il presidente Usa Obama ha mandato i militari e i superstiti li invocano con cartelli sulle macerie «Marines Help!». Gli europei arrivano con i Medici senza Frontiere ma l'aereo viene dirottato, la collerica Parigi di Sarkozy se ne lagna con l'Onu, mentre l'incerto segretario generale Ban Ki Moon deve ascoltare la furia dei suoi collaboratori che hanno perso parenti e colleghi nel crollo del quartier generale a Port-au-Prince e piangono «L'Onu doveva prima salvare i suoi feriti e onorare i suoi morti, non abbandonarli!».

Manca tutto ad Haiti, mezzo litro d'acqua costa 6 dollari, quanto basta di solito a tante famiglie per vivere una settimana. La polizia spara agli sciacalli e le gang sono organizzate: ma tanti scavano solo per trovare da mangiare, qualcosa da riportare via da casa propria, qualcosa da vendere per sfamarsi. Criminali e affamati rischiano insieme una pallottola, come a Messina 1908.

Haiti e Copenhagen, la distruzione e un summit fallito, capitali di un mondo colmo di buone intenzioni che non sa trovare armonia. Quando arrivano i benemeriti del World Food Program, racconta l'inviata del New York Times Deborah Sontag, la folla li assale, non riescono a distribuire acqua e gallette. È un ragazzo haitiano, lo studente di linguistica Ernso, che spiega «Se non avvertite prima i leader e i volontari del quartiere scatenate la rissa», organizza la fila e le razioni vengono subito distribuite in ordine, senza saccheggi e sprechi. Il fallimento di Copenhagen costerà rinvii, lavoro perduto, inquinamento.

Un mondo senza più leader e collaborazione ad Haiti rischia invece epidemia e violenza, nuovi morti oltre i quasi 200mila stimati dal generale americano Keen. L'importanza di un governo del pianeta, un leader riconosciuto, un ordine comune, è illustrata dalla tragedia dell'aeroporto di Haiti, nessuno comanda, tutti volano in tondo, i senza tetto crepano: parabola del nostro tempo.

Ai lettori e alle lettrici chiediamo perciò di contribuire a salvare chi ancora si può salvare e provare a ricostruire l'infelice paese. Segnaliamo alcune delle organizzazioni umanitarie internazionali che sono attualmente impegnate nel soccorso ed assistenza del popolo haitiano.
Una donazione non è stavolta solo un gesto di carità verso i nostri ultimi fratelli. È un gesto concreto di solidarietà contro il caos che tutti ci minaccia, ad Haiti e qui.