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Cara Tav, les Italiens si scusano del ritardo

di Luca Benecchi

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19 gennaio 2010

L'ultima volta che capitai a Modane, appena al di là del confine francese, era il giugno del 2007. Nei tunnel delle discenderie della Torino-Lione si macinava roccia ventiquattro ore al giorno. Un cunicolo largo undici metri e alto dieci. A breve l'avrebbero terminato, quel cantiere ferroviario. Doveva arrivare nella profondità della montagna, avviare i lavori della galleria Bruzolo-Valle di Susa e finire a Torino-Italia. Il sindaco Claude Vallet aveva fatto scrivere i messaggi dei suoi concittadini su un librone. Qualcuno era preoccupato, la maggioranza d'accordo con la grande opera che perforava la terra. «Très favorable» aveva scritto un Monsieur Thomas. Chissà, forse ora a Modane quel pozzo l'hanno già chiuso e aspettano noi, les Italiens.
I francesi conoscevano bene i vantaggi di un'opera come la Torino-Lione. Lavoro, vie di comunicazione, logistica, uno dei tanti centri gravitazionali dell'Europa futura. In tutto il mondo si progettano treni efficienti e sicuri per viaggiare senza sosta. Basta salire su un Frecciarossa da Milano a Salerno o attraversare gli Appennini da Bologna a Firenze per capire cosa significa per la nostra vita quotidiana leggere, lavorare e volare su terra. Certo bisogna migliorare il servizio e non danneggiare il popolo vitale dei pendolari: ma la rete dei binari veloci è oro del XXI secolo, per le imprese, il turismo, i commerci, la cultura.
Ma ancora in quell'estate del 2007 bastava attraversare il confine per ritrovarsi in una Valle ferita e contrapposta, dove i sindaci dovevano stare a attenti a ciò che dicevano per non ritrovarsi nei guai: ah, les Italiens! Certo, errori ce ne sono stati, i manganelli che sfollavano i manifestanti di Venaus hanno lasciato lividi anche sulle coscienze. Senza confronto sui territori, senza attenzione ai problemi locali (tracciato, amianto, come e dove fare i cantieri) non si va veloci. Ora questo percorso, grazie al lavoro dell'Osservatorio presieduto da Mario Virano, è concluso felicemente.

Chi si ostina a non accettare il buon senso e la realtà vuol solo fare l'ultimo gladiatore di piccine faide ideologiche, magari con l'intento di conquistare qualche poltrona in più qui e là.
Ora siamo davanti a un nuovo countdown dell'Unione europea. L'Italia deve dire se ha deciso di utilizzare i finanziamenti di Bruxelles. Se il Piemonte vuole essere uno dei centri d'Europa, come quando due secoli orsono si decise di scavare il tunnel del Frejus, deve dire sì. Per la Valle di Susa è un'occasione unica per curare le ferite ambientali, difficili da nascondere sull'autostrada da Avigliana fin su al Sestriere o a Bardonecchia.
La manifestazione organizzata al Lingotto domenica prossima per dire sì alla Tav è dunque benemerita e questo giornale la sostiene. Alla testa dei Sì-Tav ci sono il sindaco Pd di Torino, Sergio Chiamparino, e l'ex primo cittadino Pdl di Giaveno (paese della Val Sangone), Osvaldo Napoli, entrambi leader dell'Anci (l'associazione dei comuni).
Un'iniziativa politica bipartisan per far rispettare le scadenze della Torino-Lione e accelerarne la costruzione. «Con il proposito – dicono sul loro sito web sitavtorino - di coinvolgere i soggetti economici, culturali, sociali, politici e istituzionali che continuano a credere nello sviluppo del nostro territorio, nella difesa dell'ambiente e nella realizzazione di infrastrutture decisive per la nostra economia». Ci saranno enti camerali, sindacati, imprese e associazioni che di rado scendono in piazza.
È un segnale importante e un modo di dire al sindaco di Modane che dal 2007 ripete: «L'importante è che l'Italia decida» che les Italiens arrivano, magari scusandosi del ritardo, ma arrivano sempre agli appuntamenti che davvero contano. Sì Tav, sì Europa.

19 gennaio 2010
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