Le conseguenze della crisi si vedono ora soprattutto nel mercato del lavoro. Ancora nel quarto trimestre del 2009, secondo i dati Eurostat, nei paesi dell'area euro gli occupati sono scesi dello 0,2% sul trimestre precedente e del 2% rispetto all'ultimo trimestre del 2008. Il problema è particolarmente grave in Spagna, dove tra il 2008 e il 2009 si è avuto il maggior incremento della disoccupazione di tutti i paesi europei (che nel 2009 ha raggiunto il 19%, contro il 10 e il 9,7 rispettivamente per area euro e Usa). Soltanto con una riforma radicale delle regole l'occupazione potrà riprendere a salire. E la strada delle riforme, tra l'altro, è per molte ragioni simile per altri paesi europei, Italia in testa.
Anche durante altre recessioni in Spagna si è verificata una rilevante volatilità dell'occupazione, ma questa volta la distruzione di posti di lavoro ha raggiunto livelli ben maggiori del passato. La situazione ha pesato particolarmente sui giovani con contratti temporanei. Anche se questa crisi ha avuto origine nel mercato finanziario, non ci sarà crescita del Pil senza la ripresa dell'occupazione. Non basterà ridimensionare il peso del settore edilizio e restituire le normali condizioni di credito alle imprese e alle famiglie.
La Spagna è un caso paradigmatico di come il mercato del lavoro duale e la frammentazione tra lavoratori a tempo indeterminato e precari possa determinare esiti drammatici in termini di occupazione: una caduta di nove punti percentuali solo nel 2009. Ad oggi circa il 26% dei lavoratori è a contratto temporaneo. Le istituzioni del mercato del lavoro spagnolo sono tali per cui le imprese preferiscono licenziare piuttosto che ridurre le ore di lavoro o altro. Non esistono "settimane brevi" come in Germania o salari flessibili come in Gran Bretagna. Per questa ragione la crisi ha portato a un'ondata di licenziamenti in tutti i settori.
Molti di questi problemi sono comuni all'Italia, soprattutto la dualità del mercato del lavoro. E anche le proposte di riforma sono simili, così come il deficit di volontà politica nell'attuarle. Basandosi su un'analisi teorica rigorosa e sull'evidenza internazionale, 100 economisti spagnoli hanno firmato una proposta per la riforma delle regole sul lavoro.
In particolare la proposta prevede quattro azioni specifiche: ela riduzione della dualità nei contratti di lavoro con l'introduzione di un contratto di lavoro unico a tempo indeterminato con un'indennità di licenziamento simile a quella vigente oggi; rla riforma dell'indennità di disoccupazione attraverso un sistema bonus/malus per cui le imprese che licenziano di più pagano di più in termini di contributi all'assicurazione di disoccupazione; triduzione dei posti di lavoro sussidiati dal governo (che ad oggi sono il 40% della spesa totale in politiche del lavoro attive in Spagna) e contestuale rafforzamento di politiche attive di riqualificazione e mobilità dei lavoratori finalizzate in modo specifico ai lavoratori poco qualificati; ula riforma del sistema di contrattazione collettiva - al momento estremamente rigido e fondato su contratti settoriali - verso la contrattazione aziendale.
Come si vede, questo mix di riforme è coerente anche con le più recenti proposte italiane di revisione delle regole del mercato del lavoro. Per quanto il tasso di disoccupazione non abbia raggiunto livelli altrettanto drammatici, anche in Italia sarebbe necessario abbassare il confine tra lavoro a tempo indeterminato e lavoro precario, così come rafforzare la contrattazione decentrata e un sistema di sostegno alla disoccupazione che favorisca la mobilità tra imprese. In entrambi i paesi tali riforme sono politicamente difficili, ma ormai inderogabili.
L'articolo è un estratto della lectio magistralis Ibmtenuta all'Università Statale di Milano