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IDEE DA RINNOVARE / L'Fmi e il feticismo della finanza

di Dani Rodrik

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19 novembre 2009

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Secondo Rawi Abdelal, della Harvard Business School, è stato questo l'evento chiave che ha messo in moto gli sviluppi che hanno finito per rendere norma globale la libertà di movimento dei capitali. La prima tappa è stata l'Unione Europea alla fine degli anni 80, quando due socialisti francesi, Jacques Delors e Pascal Lamy (rispettivamente, presidente della Commissione europea e suo assistente) diedero il "la". Poi fu la volta dell'Ocse. Infine, saltò sul carro anche l'Fmi, sotto la guida di Michel Camdessus, un altro francese che era stato governatore della Banca di Francia sotto Mitterrand.

La reazione del Fondo alle tasse introdotte dal Brasile mostra quanto si sia radicato il feticismo della finanza, e quanto sarà difficile reintrodurre un po' d'equilibrio nel dibattito sui flussi di capitale, perfino dopo la più grande crisi finanziaria che il mondo abbia sperimentato dai tempi della Grande Depressione. Il problema non è solo la destra iperliberista. La carenza d'immaginazione abbraccia tutto lo spettro politico.
Riferendosi ai controlli di capitale, John Maynard Keynes disse: «Quella che prima era un'eresia \ ora è approvata come ortodossia». Questo il grande economista inglese lo diceva agli albori di Bretton Woods, nel 1945. Che ironia che più di sessant'anni dopo sia ancora necessario lo stesso passaggio mentale.
Copyright: Project Syndicate, 2009
(Traduzione di Gaia Seller)

19 novembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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