«Oh, lumaca, scala il monte Fuji, ma piano piano!» Probabilmente Herman Van Rompuy, premier belga e grande amante di haiku, conosce la breve poesia di Kobayashi. E forse se l'è ripetuta di recente il politico fiammingo, il favorito nell'estenaunte scalata alla poltrona di primo presidente stabile dell'Unione Europea. Ma la corsa resta molto aperta e una maratona negoziale attende stanotte i 27 leader per definire la guida del Consiglio, il nuovo ministro degli esteri Ue, il segretario generale e forse ipotecare pure le future caselle di presidente dell'Eurogruppo e della Bce. Molti i candidati di tutto rispetto, incluso Massimo D'Alema per il posto di Mister Pesc. Ma tutti costretti a passare nel tritacarne dei compromessi che dovranno bilanciare le aspettative di popolari e socialisti, paesi grandi e piccoli, vecchi e nuovi membri, uomini e donne. Il Wall Street Journal si è chiesto, con americano candore, se non sarebbe meglio chiamare gli europei a un'elezione diretta per eleggere il primo presidente Ue. Una vecchia idea, naufragata già al varo del progetto di Costituzione europea. Invece, con il Trattato di Lisbona, l'integrazione comunitaria avanza ma piano piano, come lumaca verso la vetta del monte Fuji.