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Tutti i libri del mondo in una sola tasca

di Luca De Biase

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Sabato 19 Settembre 2009

Ci sono milioni di libri nel pubblico dominio, dunque liberi da copyright. Libri antichi, classici, vecchi, o scritti senza intento commerciale. Spesso preziosi: per la loro rarità, per la specializzazione della materia trattata, per la loro qualità di documento storico o per la loro importanza educativa.

Ora non si trovano più soltanto in qualche fornita biblioteca. Con un lavoro durato cinque anni, Google ne ha registrati due milioni in formato digitale e li ha resi accessibili online. Inoltre, da ieri ha trovato come distribuirli anche su carta.

La novità ha un valore pratico e un valore simbolico. In pratica, nasce da un accordo con On Demand Books, produttrice dell'Espresso Book Machine: è in grado di prendere un libro da internet, stamparlo e rilegarlo. Trecento pagine, cinque minuti. Prezzo di un libro: 8 dollari (cioè uno per Google, uno per la On Demand Books, tre per il negoziante che ospita la stampante, tre per coprire i costi in carta, inchiostro e lavoro).

Il valore simbolico è forse più rilevante. Indica che l'integralismo digitale è una fola e che il terrore che internet distrugga la carta è frutto di un equivoco. Un approccio più pragmatico consente interpretazioni più produttive.

In fondo è semplice. Chi ama la letteratura desidera leggere. Chi si vuole avvicinare a un autore, vuole conoscerne le opere. Chi ha bisogno di sapere che cosa si è scritto su un particolare argomento è contento di avere accesso all'archivio dei testi che se ne occupano. Ogni dispositivo che consenta quell'accesso è benvenuto: carta, monitor, telefonino, ebook, hanno tutti la loro utilità, in diverse condizioni e per diversi tipi di libri. La diversità dei modi di accesso risponde alla complessità della vita quotidiana. E storicamente è raro che un nuovo medium annulli quelli che lo hanno preceduto: di solito provoca un'ondata di adattamenti.

A seconda dei punti di vista e di forza, si può giudicare in vario modo questo genere di fenomeni. Ma in generale si può dire che, come in un ecosistema, anche in una cultura la diversità è indice di buona salute. E che un sistema che migliori l'accesso alla cultura è positivo, come dimostra il pubblico che lo usa. Per gli editori tradizionali, la strategia di risposta non può essere negare queste tendenze o fingere che il problema sia la carta.

Sabato 19 Settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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