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IL DOPO ELEZIONI / L'efficienza è la via del federalismo

di Massimo Bordignon

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2 Aprile 2010

Non c'è dubbio che il risultato elettorale, con la conquista da parte della Lega Nord della presidenza di Piemonte e Veneto e la forte crescita in termini di consensi dello stesso partito, rimetta al centro del dibattito politico il tema del federalismo fiscale. È vero, come non mancano di ricordarci i vari esponenti di governo, che la legge delega sul federalismo fiscale è in realtà già stata approvata nel maggio scorso, e che la stessa legge prevede tempi di attuazione lunghi e cadenzati. Ma i lavori nelle varie commissioni sono finora proseguiti a rilento e proposte concrete per l'attuazione dei generici principi della delega non ci sono state. La politica ha tenuto il fiato in attesa dei risultati delle consultazioni elettorali; con questi oramai acquisiti, il processo subirà ora inevitabilmente una rapida accelerazione.
Ma qual è il federalismo fiscale possibile e ancor più quello desiderabile? Prevale nel Nord, complice la retorica un po' semplicistica con cui il progetto è stato presentato dalle forze politiche in campagna elettorale, l'idea che con il decentramento tributario le ricche regioni del Nord si terranno semplicemente una parte più consistente delle proprie risorse. Di conseguenza, riducendo i trasferimenti che implicitamente o esplicitamente, attraverso il bilancio dello stato, passano dal Centro Nord al Sud del paese, computabili in circa il 3% del Pil nazionale. Ma quest'ipotesi è tecnicamente e politicamente irrealizzabile. Non esiste alchimia tributaria possibile che possa consentire alla Calabria di finanziarsi da sola i propri servizi, se si ritiene, come del resto previsto dalla Costituzione e dalla legge delega, che i cittadini della Calabria abbiano diritto a servizi fondamentali, nel campo della sanità, della scuola, dell'assistenza, paragonabili a quelli dei cittadini del Centro Nord.
Quello che invece si può e si deve chiedere è che questi trasferimenti siano accompagnati da una riduzione degli sprechi e da un aumento della qualità dei servizi, che sono in media al Sud di livello nettamente inferiore rispetto al Centro Nord, pur in presenza di risorse paragonabili. Lo strumento tecnico che la legge delega prevede per raggiungere l'obiettivo sono i costi standard, a cui legare i nuovi trasferimenti. Ma questi sono complicati e difficili da calcolare e in realtà dove più servono, come per esempio nella sanità, già largamente esistono.
Più che criteri nuovi per la determinazione dei trasferimenti, quello che serve è invece un rafforzamento dei controlli amministrativi e dei meccanismi di responsabilizzazione di politici e amministratori locali. È per esempio assurdo che in caso di commissariamento di una regione, i cittadini siano puniti, tramite l'innalzamento automatico dei tributi e delle tariffe regionali, mentre il presidente della regione, il principale responsabile politico del dissesto, sia premiato, tramite i poteri speciali garantiti a un commissario. Utile anche che vengano svolti e resi pubblici esercizi seri di benchmarking territoriali, così che gli stessi cittadini, che saranno poi chiamati a confermare con il proprio voto i propri rappresentanti regionali, sappiano a che costo e con quale qualità i servizi vengono offerti nel proprio territorio rispetto ad altre regioni.
L'altra gamba essenziale di un federalismo funzionante è quella della ricostruzione di una seria autonomia tributaria a livello regionale e locale. Finora l'azione del governo, al di là dei proclami, è andata esattamente nella direzione opposta. È stata abolita l'Ici sulla prima casa, la principale imposta comunale; sono state bloccate le addizionali regionali e comunali sull'Irpef e sull'Irap. È comprensibile che, soprattutto in periodo di crisi economica, il ministro del Tesoro voglia avocare a sé quante più risorse possibili. Ma non è possibile immaginare che gli enti territoriali siano in grado di svolgere i propri compiti istituzionali, attribuiti loro dalla Costituzione, se non sono in grado di programmare con sicurezza le proprie risorse e non possano agire al margine sulle dimensioni del proprio bilancio attraverso l'utilizzo della leva fiscale.
Un quadro normativo stabile, comprensivo dei vincoli indotti dai patti di stabilità, è indispensabile perché l'autonomia locale possa esercitarsi in modo adeguato. Molte proposte sono state adombrate nel dibattito, dall'ampliamento dell'addizionale sull'Irpef, alla revisione dell'Irap, allo spostamento sull'Iva di parte del carico tributario che ora è a carico dei fattori produttivi. È tempo che si esca dall'ambiguità dei proclami dei talk show e si cominci a presentare proposte serie su cui confrontarsi.

2 Aprile 2010
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