Di solito non mi piace proporre divieti, ma non riesco a capire perché continuiamo a consentire di scambiare Cds (Credit default swap) senza la proprietà dei titoli sottostanti. Specialmente nell'Eurozona, attualmente soggetta a una serie di attacchi speculativi, una messa al bando generalizzata dei cosiddetti Cds "nudi" dovrebbe essere qualcosa di scontato.
I Cds "nudi" sono lo strumento prediletto da chi specula a danno dei Governi europei, nel caso più recente la Grecia. Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, la settimana scorsa ha detto che la Fed stava indagando su «una serie di questioni relative alla Goldman Sachs e ad altre società nelle loro attività coi derivati in Grecia». Usare i Cds per destabilizzare un Governo, diceva, era «controproducente». Purtroppo, però, è legale.
I Cds sono contratti scambiati con transazioni dirette negoziate fra le due parti. Offrono all'acquirente un'assicurazione su un pacchetto di titoli sottostanti, ad esempio titoli di Stato greci per un valore di 10 milioni di euro. Per assicurarsi contro il default, l'acquirente di un Cds paga al venditore un premio il cui valore è indicato in punti base. Giovedì scorso, un contratto di Cds su bond quinquennali greci era quotato a 394 punti base. Questo significa che all'acquirente assicurarsi contro il default costa 394mila euro l'anno per cinque anni. Se la Grecia dichiara il default, l'acquirente riceve in questo caso 10 milioni di euro. Per stabilire che cosa sia un default si utilizza una complicata definizione legale.
Comprare un Cds "nudo" significa sottoscrivere un'assicurazione sui titoli senza possederli effettivamente. È una pura e semplice scommessa speculativa, senza alcun beneficio sociale o economico. Perfino gli speculatori più incalliti concordano su questo punto. Vietare i Cds "nudi" - specialmente se si considera che rappresentano una parte consistente di tutte le transazioni in Cds - equivale a vietare le rapine in banca.
Dal punto di vista economico, i Cds sono un'assicurazione per la semplice ragione che assicurano l'acquirente contro il rischio di default di un titolo sottostante. Un aspetto universalmente accettato della normativa assicurativa è che si può assicurare solo quello che realmente si possiede. L'assicurazione non è concepita come un azzardo, ma come uno strumento per consentire all'acquirente di ridurre rischi incalcolabili. Nemmeno il liberista più estremo ti consentirebbe di stipulare una polizza sulla casa del tuo vicino o sulla vita del tuo capo.
Dal punto di vista tecnico, i Cds non sono classificati come assicurazione, ma come swap, perché implicano uno scambio di flussi di cassa. La lobby dei Cds sfrutta questi aspetti tecnici per difendere lo status quo. Ma è una posizione ingannevole. Anche una polizza assicurativa tradizionale può essere concepita come uno swap, perché implica uno scambio di flussi di cassa. Ma nessuna persona sana di mente userebbe questo fatto come scusa per non regolamentare il settore delle assicurazioni. Il fatto che i Cds, a differenza delle polizze assicurative, siano scambiabili non cambia il senso economico di fondo.
Tutta l'idea alla base dei moderni prodotti finanziari è quella di replicare i flussi di pagamento di altri strumenti più tradizionali ma offrendo condizioni migliori. Vendere un Cds è come comprare un'obbligazione. Comprare un Cds è un modo di vendere allo scoperto un'obbligazione, o di assicurarsi contro il rischio di default di quell'obbligazione. Ma questo non cambia il fatto che una volta eliminati tutti i complessi ingranaggi tecnici, ci si ritrova con un prodotto che offre assicurazione, anche se molto più versatile di una normale polizza assicurativa.
Un altro argomento che ho sentito da un lobbista è che i Cds "nudi" consentono agli investitori di "coprirsi" in modo più efficace. È come dire che una rapina in banca apporta benefici al rapinatore. Un'altra obiezione che viene avanzata è che un divieto sarebbe difficile da far rispettare. È chiaro che mettere al bando un prodotto complesso come un Cds implica complicati aspetti tecnici che commentatori come me probabilmente sottovalutano. È concepibile, ad esempio, che il settore riesca a trovare rapidamente un modo legale per aggirare il divieto. Ma tornando al paragone con le rapine in banca, nessuno penserebbe di legalizzarle solo perché è difficile beccare il ladro.
E allora perché tutte queste esitazioni? Dalle conversazioni con regolatori e legislatori il mio sospetto è che non abbiano molta familiarità con questi prodotti (per usare un eufemismo) e quindi probabilmente sono reticenti a regolamentare qualcosa che non capiscono. Capiscono, o credono di capire, che cos'è un hedge fund. Imporre dei vincoli agli hedge fund è qualcosa che possono vendere al loro elettorato. Gli hedge fund non hanno avuto un ruolo centrale nella crisi, ma sono un bersaglio conveniente, politicamente. Mettere al bando prodotti con brutti acronimi che nessuno capisce sembra una fatica non necessaria.
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