L'informazione televisiva italiana non ha solo le ombre dell'antica lottizzazione del servizio pubblico e del conflitto d'interessi seguito a Mediaset dalla scelta politica del suo fondatore. Ha anche luci, programmi vivaci e brillanti, l'innovazione di Enrico Mentana al Tg5, le storiche inchieste di Tg 1, Tv7, Tg2 e Tg3. I critici seri lo sanno (basta dare un'occhiata ai libri di Aldo Grasso). Al conflitto d'interessi del premier Berlusconi si rispose con una legge, la par condicio, che ha dato solo il risultato di evitare guai peggiori e ha nascosto l'impotenza del centro-sinistra, in 7 anni di governo, di legiferare con equilibrio sul tema, ravvivando il discorso politico italiano. Una misura di scarso respiro che adesso vede scomparire anche i talk show dal dibattito elettorale. Che assurdità! Ci sono programmi buoni e ce ne sono pessimi, eleganti e squallidi, ma nella loro cacofonia danno almeno a chi ascolta un quadro del bene e del male della nostra politica. Azzittirli non migliora il quadro dell'informazione italiana, toglie stimoli ai telegiornali ed esclude milioni di cittadini. La scelta, in Rai e fuori, è sbagliata e va corretta in direzione di dare più, non meno, dibattito. Se poi questi incontri riuscissero anche a essere senza urla e improperi e con qualche idea, tanto meglio.