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Testamento biologico. Diciamo no al sondino di Stato

di Riccardo Chiaberge

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2 Ottobre 2009

A chi appartiene la vita? A Dio, rispondono i credenti. A ciascuno di noi, ribattono i laici come Paolo Flores D'Arcais. Quel che è certo è che non può appartenere a una maggioranza parlamentare, di destra o di sinistra. Ma l'Italia fa eccezione.

Le grandi manovre che in questi giorni si stanno imbastendo nei palazzi romani, di qua e di là dal Tevere, intorno al progetto di legge sul testamento biologico, rischiano di passare sopra la testa dei cittadini, quale che sia il loro credo.

Un tema che riguarda tutti noi e che dovrebbe essere affrontato e deliberato dal parlamento delle coscienze sta diventando materia di scambio tra le forze politiche, e tra queste e la curia pontificia. Detta in maniera un po' grezza: io ti blindo la legge così come è stata approvata al Senato (con l'obbligatorietà di alimentazione e idratazione artificiali) e tu smetti di criticarmi per i respingimenti degli immigrati. Nello scenario peggiore, l'autodeterminazione del paziente - che un giorno potremmo essere noi - verrebbe così sacrificata sull'altare dei rapporti Stato-Chiesa: una sorta di respingimento etico, che ci abbandonerebbe alla deriva nella terra di nessuno tra vita e morte oltre ogni ragionevole limite e contro la nostra stessa volontà.

I casi Welby ed Eluana hanno dilaniato l'opinione pubblica scatenando crociate contrapposte, in uno sterile muro-contro-muro che calpesta i diritti e le aspettative dei malati e delle loro famiglie e non aiuta la crescita civile del paese. La via d'uscita da questo stallo passa per un'intesa tra le componenti più razionali e aperte del mondo laico e di quello cattolico come sta tentando di fare il presidente della Camera Gianfranco Fini, che escluda ogni transazione sottobanco.

Il nostro giornale è stato tra i primi a prendere posizione sull'argomento con un memorabile intervento del cardinale Carlo Maria Martini sul supplemento «Domenica» del 21 gennaio 2008, nemmeno un mese dopo la morte di Piergiorgio Welby, che chiariva la differenza tra eutanasia e rifiuto dell'accanimento. Evitando l'accanimento terapeutico - spiegava l'arcivescovo emerito di Milano, citando il Catechismo - «non si vuole ... procurare la morte: si accetta di non poterla impedire». E concludeva auspicando una legge sul testamento biologico: «Dal punto di vista giuridico, rimane aperta l'esigenza di elaborare una normativa che, da una parte, consenta di riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure - in quanto ritenute sproporzionate dal paziente - , dall'altra protegga il medico da eventuali accuse (come omicidio del consenziente o aiuto al suicidio), senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell'eutanasia. Un'impresa difficile, ma non impossibile: mi dicono che ad esempio la recente legge francese in questa materia sembri aver trovato un equilibrio se non perfetto, almeno capace di realizzare un sufficiente consenso in una società pluralista». La legge francese, tra l'altro, prevede la possibilità di includere anche idratazione e alimentazione forzate tra i trattamenti di cui un paziente può chiedere la sospensione nelle proprie «direttive anticipate».

Sulla stessa linea l'Associazione medici cattolici di Milano, che dopo il caso Eluana ha proposto una «alleanza terapeutica» tra malato e personale sanitario come terza via tra «paternalismo medico» e «autonomia assoluta» del paziente. Il documento dell'Amc, diffuso nell'aprile di quest'anno e condiviso da don Antonio Lattuada, bioeticista di fiducia del cardinale Tettamanzi, ribadisce «l'importanza di intendere alimentazione e idratazione artificiali nell'ambito della relazione terapeutica», dove l'agire con prudenza potrebbe essere garantito dalla «pluralità delle voci in una decisione partecipata». Non sono solo i Veronesi, dunque, e i «laicisti» come lui, a sostenere queste idee, ma sia pure con qualche distinguo anche molti camici bianchi vicini alla Chiesa.

È sensato discutere se il testamento debba avere un carattere più o meno vincolante per il medico, se si possa modificarlo in qualsiasi momento (dopotutto, potremmo cambiare idea quando ci troveremo al passaggio fatale); è sacrosanto cautelarsi contro gli eredi impazienti di passare all'incasso, e personalmente non mi piacerebbe essere segregato in una di quelle cliniche di lusso per anziani dove non ti idratano né ti alimentano come tu vorresti. Ma il sondino di stato, per favore, quello no.

2 Ottobre 2009
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