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STORIE/ La tariffa sui rifiuti nel cassonetto fiscale

di Gianni Trovati

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20 aprile 2010

Prove tecniche, prolungate, di prelievo federalista. Le sta sostenendo, da tredici anni, la tariffa integrata ambientale, chiamata a sostituire la tassa rifiuti già dal secolo scorso ma faticosamente alle prese con questioni giuridico-tributarie per appassionati. In sintesi, la «nuova» tariffa non dovrebbe essere gravata da imposte come l'Iva, ma la sua natura resta così controversa da impedire di individuare il trattamento corretto. Soluzione? Già circolano proposte di legge per spiegare che «la tariffa è una tariffa» (quindi esposta all'Iva) anche se rimane una tassa (che dovrebbe essere senza Iva). Non è così semplice.

E infatti intorno a questi enigmi si sono arrotolate, fino a incepparsi, le regole con cui comunie gestori fanno pagare ai cittadini il servizio di smaltimento dei rifiuti. La storia ha appassionato giudici di tutti i tipi: tributari, ordinari, costituzionali, europei. Dopo tre riforme, che hanno introdotto altrettanti meccanismi di prelievo, non c'è ancora un sistema certo per farci pagare chi porta via gli avanzi della cena di ieri e i giornali vecchi. Il pensionamento della tassa rifiuti è stato deciso nel 1997, per introdurre una tariffa più europea (e intelligente, dal punto di vista ambientale) che rendesse la bolletta proporzionale alla quantità di rifiuti prodotti. L'anno scorso la Corte costituzionale ha spiegato che il tentativo è fallito, e che anche nei 1.200 comuni che hanno adottato la tariffa continuano a valere nei fatti i vecchi criteri di prelievo; di conseguenza, en passant, ci sarebbe anche da restituire ai cittadini l'Iva che può essere applicata a una tariffa, ma non a un tributo. Molti gestori si sono opposti, le commissioni tributarie si sono divise e alla fine, la scorsa settimana, si è fatta sentire l'agenzia delle Entrate, che ha definitivamente pensionato l'Iva.
E la tariffa? Nel 2006 il codice dell'Ambiente ne ha inventata una nuova, che lega la bolletta alla «quantità e qualità dei rifiuti prodotti», ma in quattro anni è mancato il tempo di scrivere i decreti attuativi.

20 aprile 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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