Giancarlo Galan e Raffaele Lombardo. Baruffe venete e mattane sicule, tra gelosie e nuovi abboccamenti. Da nord a sud due incendi in casa centro-destra e insieme che interrogano il futuro del Pd. Ma soprattutto due focolai che salgono dal territorio e bussano prepotentemente ai palazzi della politica che conta. Così mentre il dibattito è sequestrato dalle parole di fuoco pro o contro Silvio Berlusconi, statista o dittatore, la bagarre segnala un'urgenza nuova in anni di federalismo per lo più evocato. La centralità dell'italica periferia e dello sviluppo locale, al centro vorticoso di riposizionamenti, malesseri, effervescenze, esperimenti più o meno fecondi. Da un lato pezzi di centro-destra insofferenti alla diarchia di ferro bossian-berlusconiana; dall'altro un centro-sinistra in cerca di autore e alleanze sospeso tra riformismo e arrocco, a nord come a sud. Nel mezzo, nuovi e vecchi cespugli allergici al bipolarismo di guerra e vogliosi di crescere e rientrare nei giochi che contano. Lampi di una periferia a corto di rappresentanza, decisiva per i nuovi assetti del paese. La politica romana non sembra accorgersene. Ma anche questo, in fondo, è federalismo.