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LE ÉLITE IN CONTROLUCE / Cinque grandi in corsa per l'Oscar degli ipocriti

di Moisés Naím *

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Domenica 20 Dicembre 2009

È istruttivo esaminare alcune delle più eclatanti ipocrisie dei potenti del mondo. Si svelano le tendenze globali, le contraddizioni più ricorrenti e le vulnerabilità delle elite. Pertanto ho deciso di offrirvi il mio personale e soggettivo elenco dei grandi ipocriti del 2009.
I banchieri. In tutte le riunioni dei banchieri si respira un'atmosfera di profonda ammirazione verso il mercato e di disprezzo verso lo stato. Nel 2009, gli stessi banchieri che abitualmente dimostrano tanto sdegno nei confronti di governi e funzionari pubblici si sono precipitati a richiedere la loro protezione. E lo stato li ha salvati. Nonostante ciò, i banchieri continuano a non imparare. La loro convinzione che i governi non operino in modo opportuno è tale da non considerare minimamente che, proprio grazie all'efficace risposta di molti di essi, la catastrofe sarebbe durata molto meno e non avrebbe avuto le conseguenze che loro stessi avevano preventivato. Forse per questo stanno già lodando l'efficienza dei mercati e criticando i governi che li hanno salvati.
Tony Blair. Di recente l'ex primo ministro britannico ha ribadito la sua profonda repulsione verso i dittatori. Ha affermato che anche se Saddam Hussein non avesse avuto armi di distruzione di massa, la guerra era giustificata poiché il suo obiettivo era quello di far cadere una dittatura inaccettabile. Questo è successo solo pochi giorni dopo la riunione in Azerbaijan tra lo stesso Blair e Ilham Aliyev, dittatore a capo del paese.
Nel corso della sua visita in Azerbaijan il leader britannico non ha commentato in alcun modo le reiterate violazioni ai diritti umani attribuite al suo gentile anfitrione. Il fatto è che, come informa Josh Keating, l'obiettivo del suo viaggio era un altro: tenere una conferenza ben retribuita presso l'azienda dell'imprenditore più ricco del paese (sorpresa: l'imprenditore è un caro amico del dittatore).
I repubblicani Usa "primi attori". «Adoro la tua pelle abbronzata, la morbidezza dei tuoi fianchi e la bellezza erotica del tuo portamento...». Questo ha scritto Mark Sanford alla "sua migliore amica" argentina. La ragione per la quale lo scambio epistolare intimo di Mr. Sanford è finito sulle prime pagine dei giornali non è dovuto alla sua qualità letteraria, quanto al fatto che Sanford è il governatore della Carolina del Sud, uomo molto conservatore e sposato. Le sue stridenti denunce sull'«inaccettabile comportamento di Bill Clinton» continuano a echeggiare nel parlamento statunitense. Così come quelle del senatore John Ensign, il quale è stato al centro di un'infuocata love story con la moglie del suo capo di gabinetto.
Ci sono poi anche le dive. Sarah Palin ha dichiarato che l'astinenza sessuale è l'unico modo per evitare le gravidanze delle adolescenti, quando proprio l'astinenza è la grande assente a casa sua. Non ci interessa la vita privata che conducono i grandi attori e le dive. Conta invece il fatto che i loro voti, le loro decisioni e i loro discorsi creano all'interno della società una situazione assolutamente incoerente se confrontata con la propria condotta.
I magistrati britannici che hanno emesso un mandato di arresto per Tzipi Livni. L'ex ministro degli Esteri di Israele è stata accusata di crimini di guerra risalenti al conflitto in Gaza tra Hamas e Israele. Che differenza c'è tra Tzipi Livni e Vladimir Putin, ad esempio? (leggasi Cecenia). E perché i magistrati non hanno emesso un mandato d'arresto per Angela Merkel quando l'aviazione militare tedesca ha bombardato, uccidendoli tutti, un gruppo di civili in Afghanistan? Perché non ordinarono l'arresto di Bush, Blair e Obama per le migliaia di civili innocenti uccisi in Iraq e Afghanistan?
Lula da Silva. Il presidente del Brasile ha dichiarato che Ugo Chávez è il miglior presidente del Venezuela degli ultimi 100 anni. Però non abbiamo mai sentito Lula fare una dichiarazione sui comportamenti autoritari del suo amico venezuelano. Per contro, l'abbiamo visto criticare con veemenza le recenti elezioni in Honduras. Ciò è accaduto la stessa settimana in cui ha ricevuto con tutti gli onori Ahmadinejad, la cui vittoria elettorale è anche messa in discussione. Qual è la differenza tra le elezioni in Iran e quelle in Honduras? Una grande truffa, morti, torture e la brutale repressione ordinata dal governo di Ahmadinejad. Stranamente, l'affabile leader brasiliano sembra non rendersene conto.

* Direttore di Foreign Policy
(Traduzione di Graziella Filipuzzi)

Domenica 20 Dicembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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