Lo scudo fiscale si fa ma non si dice. La segretezza è il suo marchio di riconoscimento. Così non deve sorprendere se per la gran parte degli intermediari italiani coinvolti nello scudo ter, il 90% delle emersioni di ricchezze si è svolto tramite rimpatri fisici e giuridici, ovvero con quelle operazioni che garantiscono l'anonimato nei confronti del Fisco a differenza delle regolarizzazioni. In moltissimi casi, lo "scudato" non ha chiuso l'operazione nel luogo dove risiede o vive, men che meno si è rivolto al consulente della sua banca di riferimento sotto casa: ha cambiato piazza, ha seminato le tracce, per la prima volta ha varcato l'ingresso dell'ovattato private banking. Incalzato dalla lotta ai paradisi fiscali entrata nell'agenda politica del G-8 e del G-20, dal segreto bancario che vacilla in Svizzera, San Marino e Liechtenstein. I controlli a tappeto dell'agenzia delle Entrate e della guardia di Finanza hanno finito per estendere la platea degli "evasori pentiti", raggiungendo con la terza edizione dello scudo una massa di capitali di taglio medio-piccolo. Questa la previsione del mercato: lo scudo ter è quello della gente comune, lo scudo del vicino della porta accanto.