Qualcosa in più di un rimbalzo congiunturale, molto meno di quanto serva per dire ripresa. I dati di dicembre sull'industria vanno letti con cautela. Guardando tra le righe - il colpo di reni dell'auto, la buona performance dell'elettronica, la tenuta di chimica e farmaceutica - da sottolineare è soprattutto la quota estera che traina gli ordinativi: +15,9% a dicembre (dati grezzi) a fronte di un rialzo complessivo del 10,1% sull'anno precedente. Insomma, è l'estero a spingere nelle vele dell'azienda Italia al giro di boa di fine anno. Tuttavia la cautela, dicevamo, è d'obbligo. Perché, come ha ricordato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, siamo nel guado di una congiuntura complessa, e «i piccoli miglioramenti dei prossimi mesi saranno lenti e difficili». Il punto, dunque, non sta nei numeri, ma nel modus operandi. La ristrutturazione che l'industria italiana porta avanti sull'onda della crisi ha bisogno di un concerto allargato, a cui collaborino imprese, sindacati e governo. Nessuno dei tre attori può sottrarsi. Occorre individuare il sentiero stretto tra un'equa ripartizione dei costi sociali della crisi e le esigenze d'efficienza del sistema. Tenere sull'occupazione senza fare investimenti a perdere. A dicembre l'industria ha battuto un colpo. Ora tocca agli altri.