Ogni corona ha le sue spine. Chi avesse qualche dubbio può chiedere al presidente della Compagnia San Paolo, Angelo Benessia. Quando venne nominato, nel giugno 2008, fu il momento della grande rivincita. Da anni ormai, avvocato di valore, era ascoltato più sulla piazza milanese e al Monte dei Paschi di Siena che nella Torino di casa Fiat. Per questo l'incoronazione risultò doppiamente gradita, accendendo su Benessia le luci della ribalta torinese. Negli ultimi mesi, però, il presidente appare sempre più solitario al comando. L'accusa dei torinesi, che nelle ultime settimane si è fatta pressante, è di non essere riuscito a rilanciare le buone ragioni di Torino, che ha portato in dote il Sanpaolo, una banca ricca, trovandosi poi ai margini della gestione.
La lunga marcia di Benessia è cominciata portando la partecipazione della Compagnia a quasi il 10% del capitale (peraltro a caro prezzo) e annunciando di essere pronto a far valere la posizione di primo azionista della banca. La strategia era in tre mosse: la richiesta di rilanciare la Banca dei territori del gruppo (a cui fanno capo 6mila filiali) nominando un direttore generale suggerito dalle fondazioni, l'asse con la fondazione di Padova e Rovigo (a cui lasciare la presidenza del consiglio di gestione), l'affermazione del principio secondo cui l'amministratore delegato della banca dev'essere indicato dal primo azionista (cioè dalla Compagnia San Paolo). Corollario del secondo punto, di rilevanza non secondaria, è la sostituzione del presidente attuale del consiglio di gestione, cioè Enrico Salza, da tempo passaggio obbligato per ogni scelta che conta in città.
La prima mossa ha portato alla nomina nei giorni scorsi di Marco Morelli alla direzione generale del gruppo, responsabile della Banca dei territori. Morelli, ex Monte dei Paschi, è stato suggerito da Benessia (consulente storico della banca senese e legato al neo cinquantenne Marco Parlangeli, l'abile direttore generale della Fondazione Mps), ma è risultato assai gradito all'amministratore delegato Corrado Passera, che contemporaneamente ha chiesto e ottenuto la promozione di Gaetano Micciché, anche lui alla direzione generale.
Morelli, che a Siena condivideva la vicedirezione generale con Nicola Romito, determinato nel conquistare giorno dopo giorno spazi di manovra sempre più allargati, è un esperto d'investment banking, in ottimi rapporti con Giuseppe Mussari, presidente della Banca Monte dei Paschi, e con l'esperto direttore generale Antonio Vigni. A Milano Morelli ha relazioni consolidate con Roberto Poli, commercialista di spicco e presidente dell'Eni, ma anche con Bruno Ermolli, consulente storico di Silvio Berlusconi (molto apprezzato, peraltro, dallo stesso Salza, liberale vecchio stampo con un network di relazioni eccezionale).
È l'uomo giusto per far marciare a pieno regime un organismo complesso come la Banca dei territori? E saprà farsi largo in una squadra di comando compatta come quella governata sapientemente da Passera? Tutte incognite sottolineate dai torinesi, che scommettono sul rischio di clamorosi autogol perché Passera verrà in ogni caso riconfermato e Salza finirebbe sostituito da un padovano. Uno scenario che, a questo punto, diventa piuttosto improbabile, soprattutto dopo l'intervento del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, esplicito e risoluto nel chiedere una rappresentanza adeguata dei torinesi al vertice della prima banca italiana.