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Lotta all'evasione fiscale: banche dati più efficaci degli studi di settore

di Massimo Romano* e Vincenzo Visco*

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20 gennaio 2010

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In sostanza, quindi, l'operazione studi di settore non ha dato i risultati sperati, anche se un limitato contributo alla riduzione dell'evasione vi è stato. Ma dopo più di 10 anni è inevitabile trarre delle conclusioni: gli studi di settore come strumento fondamentale della lotta all'evasione vanno superati, mentre rimangono utili, anzi indispensabili, le informazioni statistiche raccolte attraverso i relativi questionari, e la banca dati che ne risulta.

Una diversa strategia nel contrasto dell'evasione è tuttavia possibile. Essa si deve basare su un'utilizzazione razionale delle banche dati esistenti e di altre che vanno create e su un nuovo ruolo dell'amministrazione. Questa era appunto la strategia - poco compresa - avviata durante l'ultimo governo Prodi, con l'obiettivo di acquisire maggiori informazioni sulle transazioni non assoggettabili a ritenuta alla fonte, attraverso la tracciabilità di compensi e flussi di pagamenti, la trasmissione telematica dei corrispettivi e, soprattutto, attraverso l'incrocio informatizzato dei rapporti economici tra fornitori e acquirenti di beni e servizi. Queste misure, unite al potenziamento e alla qualificazione dell'amministrazione, possono portare ad un nuovo modello di rapporto tributario.

Si tratta di abbandonare una gestione per masse, inevitabilmente inidonea a cogliere le peculiarità di ciascuna posizione, e di adottare un sistema capace di valutare in via preventiva e, per quanto possibile, collaborativa le singole situazioni con procedure trasparenti e persuasive, basate sull'uso razionale delle numerose informazioni di cui oggi dispone (o potrebbe facilmente disporre) l'amministrazione finanziaria. Occorre usare intelligentemente, ed in modo non tanto repressivo quanto persuasivo, le informazioni sui dati strutturali dell'attività, quelle sui rapporti economici attivi e passivi intrattenuti, le manifestazioni di agiatezza e di incremento patrimoniale del contribuente e del suo nucleo familiare, i dati finanziari, la conoscenza del territorio che hanno gli uffici, per indurre, già nel momento della dichiarazione, l'esposizione di imponibili aderenti alla capacità fiscale del singolo contribuente.

Non si deve, quindi, usare l'arma dell'accertamento in modo indiscriminato, ma occorre impostare un costruttivo confronto con il contribuente prima che egli formalizzi la sua dichiarazione, opponendo alle sue intenzioni dichiarative le eventuali incoerenze e le contraddizioni che emergono dalle informazioni oggettive in possesso dell'amministrazione, raccogliendo le sue obiezioni e prospettandogli, in caso di conferma degli elementi, le conseguenze alle quali andrà incontro.

In tutti i paesi più avanzati il ruolo dell'amministrazione non è solo quello della repressione ma è, prima di tutto, quello del dialogo e della prevenzione. Anche in Italia i numeri lo consentirebbero. Gestire ogni anno quattro o cinque milioni di posizioni, quante sono quelle dei soggetti IVA diversi dalle grandi imprese, in un arco temporale di alcuni mesi da parte di alcune migliaia di operatori dell'amministrazione (e, perché no, anche dei comuni che intendano svolgere questo ruolo in un disegno federalista), ben professionalizzati e adeguatamente supportati da innovative procedure informatiche che sappiano incrociare le informazioni disponibili, è tutt'altro che impossibile.

Sia chiaro, non si vuole trovare una scorciatoia per ottenere una manciata di euro in più. Le regole di determinazione degli imponibili e quelle per l'accertamento vanno confermate. Ciò che occorre superare è il rito annuale di milioni di dichiarazioni fiscali la cui inattendibilità emergerebbe evidente senza bisogno di onerose indagini, solo se si ponessero a confronto i dati in esse contenuti con le risultanze delle diverse banche dati già esistenti e di quelle che rapidamente possono impiantarsi. Molti contribuenti avvertiti della insostenibilità della propria posizione, ne prenderebbero atto adeguando gli imponibili. Soltanto in questo modo l'azione di accertamento potrà recuperare il ruolo che ha in tutti i sistemi tributari evoluti. Quello di azione selettiva e non di massa, supportata da un sistema sanzionatorio equilibrato, ma in grado di esercitare un'effettiva deterrenza. Il sistema proposto è ovviamente compatibile con la presenza di una forfettizzazione per i contribuenti minori

Fare questo è possibile a condizione che non si voglia continuare ad utilizzare l'evasione fiscale quale strumento di scambio per facile consenso elettorale, riconoscendo come essa costituisca uno dei principali ostacoli alla modernizzazione e allo sviluppo del Paese.

*Massimo Romano è stato direttore dell'Agenzia delle entrate
*Vincenzo Visco è stato ministro dell'Economia nel governo Prodi

20 gennaio 2010
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