La crisi degli ultimi due anni è stata la prima da decenni a questa parte a colpire pesantemente anche le grandi fortune. Il ribasso altamente correlato di tutti i mercati ha colpito anche i patrimoni dei più ricchi e l'industria dell'asset management specializzata nell'amministrarli non sembra aver dato prova di sapersi differenziare nettamente dal resto degli investitori. Anche dopo la normalizzazione dei mercati, il comportamento dei portafogli dei super-ricchi non si distingue da quello di molti risparmiatori comuni.
Sono stati colpiti in particolare, prima della ripresa partita a marzo 2009, mercati azionari e investimenti alternativi (hedge fund, private equity) su cui le grandi fortune avevano puntato per diversificare il portafoglio.
Un'illustrazione del fenomeno viene dalla cifre raccolte da una società di ricerca di Londra, la Scorpio Partnership, che conduce un sondaggio trimestrale fra private bank, asset manager e family office. Le masse amministrate, che per la prima volta nel 2008 avevano subito un brusco calo (-15% circa) sembrano essersi ora stabilizzate attorno ai 14.500 miliardi di dollari, secondo i dati dell'ultimo trimestre 2009.
È interessante però notare com'è cambiata la loro allocazione nel corso dell'anno: i fondi investiti in azioni sono passati dal 37 al 49% del totale, anche per effetto del rialzo delle Borse. Non solo, ma un 42% degli interpellati afferma che nel 2010 aumenterà ancora l'allocazione al mercato azionario. Le grandi fortune, insomma, come afferma la Scorpio, «nel pieno della volatilità delle Borse che continua, vedono un'opportunità». D'altro canto, però, non cala la quota destinata alla liquidità (anzi uno su cinque pensa di aumentarla) e cresce quella nel reddito fisso. In questa tenaglia fra Borse e investimenti "sicuri", vengono compressi gli investimenti alternativi, che crollano dal 24 al 7%, nonostante, per esempio, nel caso degli hedge fund, molti abbiano avuto nel 2009 il miglior anno di sempre. Nel 2010, il vero investimento "alternativo" sarà in immobili, che un 20% pensa di aumentare, anche come difesa contro il possibile ritorno dell'inflazione.
Insomma, nella crisi e nell'immediato dopo-crisi, la gestione dei grandi patrimoni non sembra essersi discostata molto da quella di altri investitori di mezzi più limitati, per i quali si è invocata da più parti una miglior educazione finanziaria: hanno tenuto fede nell'azionario nei momenti duri, cavalcando poi il rialzo, e sono pronti a fare di più, ma accompagnandolo con più cautela sul resto dell'allocazione, e ora stanno riscoprendo il mattone.
C'è un siparietto che fornisce una buona lettura degli ultimi due anni nel mondo dell'investimento. «I ricchi sono diversi da me e te», avrebbe detto una volta Francis Scott Fitzgerald a Ernest Hemingway, secondo quel che racconta lo stesso Hemingway. «Sì, hanno più soldi», fu la risposta. Ed è vero anche dopo la crisi.