In un colpo solo il ministro Calderoli prova a disboscare leggi ed enti minori. Tralasciando però qualche ramo di troppo. Specie in quella foresta pluviale di organismi, poltrone e cariche nata all'interno delle autonomie locali. Se il segno lasciato dal "taglia-leggi" appare comunque visibile, con 39mila norme tagliate su 50mila, quello impresso dal codice delle autonomie si presenta ben più sfumato. Troppo. Soprattutto se rapportato alla versione partorita a luglio. È vero che la "costituzione" degli enti locali era attesa da oltre otto anni e che più di un governo l'aveva prima annunciata e poi abbandonata. Ma tanta attesa avrebbe meritato un affondo più coraggioso. Le province per ora restano e, in attesa del promesso ridimensionamento, aumentano le competenze. I consiglieri e gli assessori si riducono meno del previsto. Le comunità montane non vengono soppresse ma passano dall'orbita statale a quella regionale. Insomma la montagna ha prodotto il classico topolino. E pensare che c'è ancora da superare il vaglio del parlamento.