Le riflessioni della famiglia Ferrero sull'opportunità di proiettare il gruppo dolciario al centro di una delle più accese battaglie societarie internazionali sono più che comprensibili. Lanciarsi in un'operazione da 17 miliardi di dollari sfidando una multinazionale come la Kraft è una scelta già difficile per un gruppo quotato in Borsa, figuriamoci per una società a gestione familiare in cui il ruolo del manager coincide con quello dell'azionista. È proprio per questo che, a prescindere da come si concluderà la battaglia sulla Cadbury, la prudenza dei Ferrero merita comunque rispetto: anche senza grandi acquisizioni, l'antica cioccolateria di Alba è oggi il quarto operatore mondiale del settore dolciario.
Il problema, però, è che restare il quarto operatore del mondo non mette al riparo nè la Ferrero nè le sue future generazioni di azionisti di famiglia dal rischio di un declino: la Mars, che era un'azienda non molto diversa dalla Ferrero, ha dovuto comprare l'anno scorso la Wrigley per 23 miliardi di dollari per non farsi schiacciare da colossi come Hershey e Kraft. Nell'alimentare come nell'auto, nella moda come nella meccanica, le isole di eccellenza del made in Italy saranno sempre più costrette a confrontarsi con concorrenti più grandi e più forti, ben strutturati finanziariamente e fortemente radicati sui più importanti mercati del mondo. Se non si è primi, o al massimo secondi, si rischia di diventare operatori marginali. E la qualità del prodotto, da sola, non basta più per vincere: oggi sono le economie di scala, la massa critica, l'internazionalizzazione e un'ingente disponibilità di risorse per la ricerca e lo sviluppo a fare la differenza sui mercati internazionali.
L'attenzione che tutta la comunità finanziaria internazionale sta dedicando alla Ferrero segna una svolta importante anche nella percezione di debolezza che - spesso ingiustamente - si ha all'estero del sistema industriale italiano. Malgrado le difficoltà con cui operano in casa, le nostre imprese restano strutturalmente sane e se a volte sembrano timide nell'affacciarsi sui mercati esteri è anche per l'assenza di un sistema-Paese in grado di sostenerle con servizi, infrastrutture, una pubblica amministrazione efficiente e un sistema fiscale adeguato.