Caro direttore,
se entri da Burns & Noble, la catena delle grandi librerie, ti colpisce alzata tra le altre la copertina nero cenere di un libro bifronte: «Sex», è stampato in rosso squillante da un lato. E «Death» dietro in nero lucido sul nero. È una specie di emblema. Da queste parti si sentono presi da una frenesia che ha un lato doppio, un possibile terribile alleato.
La faccenda viene da lontano, si sa. Il binomio vive in antichi miti. Ma appunto, qui a New York, viene spesso il sospetto che antichi miti riescano a leggere meglio il fluire del contemporaneo, le corse febbrili e le tensioni di oggi. L'America di oggi sembra avere il coraggio di guardare in faccia la propria (la nostra) contraddizione. Mentre svettano nelle vetrine e nelle classifiche titoli più rassicuranti, come le tante biogafie sul caso Madoff, il diavolo finanziario che così viene denudato e "conosciuto" e quindi addomesticato, o la faccia sorridente (sulla copertina e spesso in tv) di Joel Osteen che proclama davanti alla crisi «It's your time», o i dvd di Ted Kennedy, non mancano i segni della inquietudine. Della necessità di guardare dentro al buio.
Non mi riferisco tanto ai molti libri di argomento sapienziale e religioso che si affastellano (Anatomia del diavolo si chiama uno di M.H. Ston, o Il caso Dio di K. Armstrong). A farlo sono le copertine dei magazine popolari. Come Globe, che spara la notizia di un cancro di Obama, poiché tossisce spesso ed è dimagrito. O, d'altro lato, il deperimento visibile di Angelina Jolie esposto da molti media. Come se il volto bello dell'America, in politica, nello show, fosse minato da qualcosa di oscuro. Del resto, l'emozione per la sparatoria a Fort Hood, dove il controllore psichiatrico dei soldati è a sua volta impazzito, ha segnato l'opinione pubblica.
Il mio amico Jonathan Galassi, colto editore della importante casa Farrar, Straus & Giroux, (una specie di Einaudi americana) sta limando la sua traduzione di Leopardi. Spera che il nostro poeta dello sconforto e dell'incanto sia meglio conosciuto in Usa. Sta facendo tradurre anche lo Zibaldone, grazie al supporto economico della Fondazione di Berlusconi.
Doppi volti, identità sfuggenti, desiderio e morte che duellano, doppio lato della vita. Nella mia lettera scorsa ti parlavo della volontà di camminare controvento che si vede in questa città, nonostante la crisi e l'influenza. Il cammino prosegue, ma il volto si sta modificando nel vento. Quel velo di perfezione che provvede a rendere tutti uguali, tutti lievemente finti i volti delle infinite star televisive, si è un po' incrinato. Non solo quello di Letterman dell'omonimo show, che un po' sputtanato dagli scandali, ha pensato di dedicare una ignominiosa puntata al caso della povera Meredith uccisa a Perugia, dipingendo il nostro paese come una cloaca di giudici corrotti e di assassini in libera uscita per le strade.
C'è qualcosa che l'America sta cercando di capire guardandosi allo specchio. Nei giorni scorsi, in preparazione del censimento 2010, era esplosa la polemica sull'assenza nei moduli che stanno per partire per ogni angolo del paese della domanda esplicita: «Are you Us citizen?». Qualcuno ha chiesto che venisse inserita. Come a voler sondare veramente il grado di appartenenza al paese. La difesa è stata debole: inserire la domanda ora costerebbe troppo. Ma l'inquietudine resta, anche in questo caso: abbiamo un volto comune? O sotto ci sono infinite maschere e mentre si sorride americano sotto si piange in altre lingue, si odia con altri profili?
Bob Hollander, grande dantista e comune amico mio e di Benigni, mi racconta che è uscito «forse il miglior articolo» che lui abbia mai letto nella sua lunga carriera a Princeton, firmato da Z. Baransky. Riguarda il rapporto tra Dante e Petrarca (i due volti della nostra cultura europea, l'amore-viaggio e l'amore-scrupolo). Intanto in tv mandano la top-ten dei video. Ce n'è uno di un ragazzino, J. Bleber. Avrà quattordici anni, o sembra. Canta già come una star. Forse cercano di lanciare volti nuovi, troppo nuovi, per coprire con una nuova maschera questo volto segnato e doppio, per non guardarlo troppo a lungo.