C'è una relazione necessaria tra la Scienza politica e la democrazia: la prima può esistere solamente dove c'è la seconda e la seconda difficilmente potrebbe capire cos'è senza l'aiuto della prima.
Democrazia è sinonimo di istituzioni ma anche di cittadini. E proprio le visioni e le pratiche della democrazia metteno in luce le opportunità di arricchimento che derivano dalle nuove forme di partecipazione politica, ma anche le sfide che la nuova partecipazione politica è destinata ad incontrare. Se è evidente che la democrazia rappresentativa ha non pochi acciacchi (basti considerare il declino della partecipazione elettorale, o il declino degli iscritti dei partiti, o il declino della fiducia dei cittadini nei confronti dell'élite politica), è altrettanto evidente che la democrazia partecipativa (anche nella sua forma deliberativa) non è di per sé sufficiente a riqualificare i nostri regimi democratici. Se la democrazia è diventata il regime vincente sul piano internazionale (rispetto alla fine della seconda guerra mondiale è triplicato il numero dei regimi considerabili come democratici), nei paesi da tempo democratici (come quelli dell'Europa occidentale o del Nord America) essa mostra un affaticamento preoccupante.
Certamente, nel caso dell'Europa, le difficoltà della democrazia provengono anche dalle formidabili trasformazioni che sono intervenute nel secondo dopo guerra nelle sue strutture politiche. Preso atto del drammatico fallimento degli stati-nazione a garantire la pace e la crescita del continente (le due guerre mondiali sono state principalmente due guerre civili europee), i leader europei più responsabili hanno favorito e sostenuto il processo di integrazione del continente. Tale processo ha dato vita ad un'organizzazione sovranazionale (l'Unione europea) che costituisce un'inedita assicurazione per la pace e lo sviluppo del continente. Nello stesso tempo, essa ha anche sensibilmente ridimensionato la rilevanza delle democrazie nazionali. Si può dire che oggi in Europa non ci sono più "stati-nazione", ma "stati membri" dell'Unione europea. Tale processo ha rimesso in discussione tutti i parametri tradizionali della politica democratica. Un numero crescente di decisioni viene preso a Bruxelles (due terzi circa delle decisioni legislative degli stati membri sono condizionate da decisioni comunitarie), ma la prospettiva politica di élite e cittadini continua a essere nazionale. C'è una sorta di schizofrenia democratica che deriva dal fatto che la "politica" è rimasta nazionale, mentre le "politiche" sono diventate europee.