Può non sembrare, ma inizia un periodo decisivo per le politiche sociali. Nelle prossime settimane- tra Finanziaria e scelte d'autunno - si gioca il loro destino in questa legislatura. Ecco le domande che determineranno il risultato.
Social card contro la povertà
Lo scorso anno è partita la Social card, tessera prepagata di 40 euro mensili destinata a famiglie in grave disagio economico (inizialmente tra quelle con figli sotto i tre anni o con anziani). Nessun precedente governo aveva introdotto una misura per aiutare i cittadini più poveri. L'attuazione ha sinora incontrato diversi problemi: le modalità di distribuzione risultano troppo complicate, le carte attivate sono poche - intorno a 600mila e i meccanismi di funzionamento mostrano vari limiti.
Il ministro Sacconi ha annunciato che intende estendere al più presto l'utenzaalle famiglie con figli sino a sei anni e ad altri anziani, e ha ribadito che il rafforzamento della carta nel tempo rappresenta un obiettivo fondamentale. Bisognerebbe adesso accompagnare l'imminente ampliamento dei beneficiari con gli aggiustamenti necessari a superare le difficoltà attuative e con precise indicazioni sul percorso dei prossimi anni, affinché la carta possa consolidarsi in presenza di riferimenti certi. Ci vorrebbe - detto altrimenti - un piano di legislatura contro la povertà: il governo vuole lanciarlo?
Anziani non autosufficienti
La sanatoria delle badanti sta evidenziando i nodi dell'assistenza, sui quali l'esecutivo è chiamato ora a decidere. Le badanti sono diffuse a causa dei pochi servizi domiciliari e residenziali pubblici: il governo deve valutare se continuare l'esperienza del «Fondo non autosufficienze 2007-2009» - uno stanziamento annuale di 400 milioni destinato ai servizi - e quale ruolo assegnare a questi nel nuovo Patto per la salute, documento in discussione con le Regioni che disegnerà la sanità del prossimo futuro.
Le famiglie aderiscono alla sanatoria meno del previsto per evitare le spese addizionali dovute all'impiego regolare di badanti: bisogna decidere se modernizzare il sistema dei trasferimenti monetari a favore dei non autosufficienti (in particolare l'indennità di accompagnamento), che stanzia cospicue risorse senza aiutare in modo adeguato chi ha più bisogno. Il governo non si è ancora occupato dell'assistenza agli anziani ma ha adesso l'occasione di cambiare passo, prendendo decisioni sui singoli temi e collocandole in una visione d'insieme. L'esecutivo intende annunciare un programma d'azione per i prossimi anni?
Il Piano per gli asili nido
Dopo che lo Stato aveva lasciato per vent'anni gli asili sulle spalle dei comuni, il governo Prodi ha introdotto il «Piano Nidi 2007 2009», con 152 milioni annui destinati a nidi tradizionali, aziendali e Tagesmutter (le quali assistono al proprio domicilio alcuni bambini). Il finanziamento era esiguo,il Piano presentava diversi limititecnici e l'attuazione ha incontrato notevoli difficoltà. Si è trattato, in ogni modo, del primo passo nella costruzione di quell'infrastruttura nazionale - costituita da finanziamenti, sistema di monitoraggio e poche regole condivise- senza la quale i servizi alla prima infanzia non possono svilupparsi.
I rapporti di monitoraggio preparati forniscono un patrimonio d'informazioni - su esiti positivi e aspetti da modificare- utile per continuare a edificare il sistema. A oggi, però, il governo pare intenzionato a non dare seguito al Piano nidi e a dedicarsi esclusivamente ad alcune sperimentazioni locali, promosse dal ministro Carfagna. L'esecutivo, dunque, intende abbandonare il percorso di costruzione dell'infrastruttura nazionale dei servizi alla prima infanzia?
Servono risposte
Le giuste risposte a queste domande permetterebbero di costruire una strategia di legislatura nelle politiche sociali. L'autunno del secondo anno di mandato rappresenta, però, l'ultimo periodo in cui poter avviare progetti pluriennali che ambiscano a risultati di rilievo, dopo sarà troppo tardi. Peraltro, questo autunno di crisi è un momento adatto non solo perché i bisogni cui rispondere sono diventati più acuti. In una situazione di bilancio pubblico in tensione, infatti, le politiche sociali possono crescere notevolmente con finanziamenti modesti. È il "vantaggio" di un settore che assorbe pochi stanziamenti, dove - ad esempio - rispetto alla spesa pubblica per il welfare pari al 26,6% del Pil le risorse pubbliche dedicate ai nidi sono lo 0,2% del Pil, quelle ai servizi domiciliari degli anziani lo 0,3% e sino allo scorso anno non esisteva alcuna misura nazionale rivolta ai poveri.
Il metodo l'ha indicato l'approvazione bipartisan del testo sul diritto alle cure palliative mercoledì scorso alla Camera: davanti alle necessità di chi è più fragile maggioranza e opposizione dovrebbero assicurare il proprio sostegno congiunto a una strategia di legislatura nelle politiche sociali. Se si vuole, la possibilità di fare qualcosa di concreto per poveri, anziani e bambini è a portata di mano.
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