Quando ci si è messo di mezzo il Papa, dichiarando nei giorni scorsi che la povertà in Argentina è "uno scandalo", il governo di Buenos Aires ha forse capito finalmente che la manipolazione dei dati statistici ufficiali sta diventando un problema di credibilità internazionale al di là della cerchia degli addetti ai lavori, dal Fondo monetario agli investitori di mezzo mondo. Per l'istituto di statistica Indec, la povertà in Argentina colpisce il 15% della popolazione, per la Chiesa cattolica il 40.
Agli investitori internazionali, fra cui alcune centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, che già hanno subito la pesante decurtazione del valore delle loro obbligazioni argentine, i cosiddetti tango bond, nel default del 2001 e nello scambio del 2005, più delle cifre sulla povertà interessano quelle sull'inflazione. E anche su queste ci sono gravi sospetti di manipolazione, ora oggetto di un'inchiesta giudiziaria.
In un paese che nel passato non troppo remoto ha sofferto di iperinflazione, perdere il controllo della dinamica dei prezzi è per un governo un peccato capitale agli occhi dell'elettorato. Per questo i governi Kirchner 1 e 2 (prima Nestor, poi la moglie Cristina) sono intervenuti pesantemente sull'Indec perché i numeri dell'inflazione continuassero ad apparire bassi, anche quando nella realtà, e secondo tutte le valutazioni indipendenti, stavano esplodendo. L'Fmi da tempo rifiuta di certificare le cifre ufficiali, che nel 2007 indicavano un tasso d'inflazione all'8,5%, e successivamente poco sopra il 7, quando in realtà le stime del settore privato lo collocavano abbondantemente sopra il 20. Revisioni continue del paniere, pressioni e licenziamenti dei funzionari dell'Indec non disponibili a sanzionare la linea ufficiale sono stati all'ordine del giorno negli ultimi due-tre anni.
Per gli investitori, alcuni dei quali hanno ricevuto, in cambio dei vecchi tango bond, titoli indicizzati all'inflazione, un tasso d'inflazione più basso signifca un aggiustamento del capitale da rimborsare più basso: l'enorme differenza fra stime ufficiali e indipendenti significa per questi investitori una perdita onerosa, che si somma a quelle già accusate con l'insolvenza e lo swap. Il problema non è nuovo: «Mercati e mercanti» lo ha denunciato già un anno fa.
Di nuovo c'è il clima che si respira, dopo la crisi, nella finanza globale, dove tutti i partecipanti, dai banchieri agli hedge fund, dai fondi di private equity ai paradisi fiscali, vengono richiamati al rispetto di regole che prima venivano spesso ignorate. Il G-8 sotto presidenza italiana si è fatto promotore di "global legal standard". L'Italia e gli Stati Uniti, due dei paesi che più si sono battuti per instaurare questo nuovo clima, sono anche fra quelli i cui cittadini sono, in misura maggiore, vittime della vicenda argentina. Facciano capire a Buenos Aires che, nel mondo post-crisi, calpestare impunemente le regole non è più ammissibile. Nenche per i governi.
Online «Mercati e mercanti»