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PERCHÉ I REPUBBLICANI HANNO VINTO / La rivolta degli yankees: «Non vogliamo tasse più alte»

di Alberto Alesina

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21 gennaio 2010

La vittoria del candidato repubblicano per il seggio del Senato del Massachusetts, che fu di John e Ted Kennedy, ha degli aspetti allo stesso tempo prevedibili e straordinari e avrà conseguenze molto importanti per gli equilibri politici americani e per la politica economica di Washington.

L'aspetto prevedibile è che il partito del presidente tende sempre a perdere nelle elezioni legislative durante il mandato alla Casa Bianca. Infatti, una regolarità tipica americana è che nelle elezioni congressuali di "midterm" cioè quelle che rieleggono tutta la Camera e un terzo del Senato e che avvengono alla fine del secondo anno del mandato, il partito del presidente perda. È successo praticamente sempre. Non solo: spesso, se il partito del presidente ha una maggioranza risicata al Congresso la perde a metà mandato e si crea il cosiddetto governo diviso, ovvero una situazione in cui un partito ha la presidenza e l'altro ha la maggioranza legislativa (Camera e/o Senato). La sconfitta in Massachusetts va inquadrata in questo pendolo. Gli americani vogliono creare checks and balances, cioè rafforzano il partito che non ha la Casa Bianca per garantire più moderazione e centrismo nelle politiche del loro governo, che nascono da un complicato gioco istituzionale tra Presidente e Congresso. I democratici controllano sia la Casa Bianca che la maggioranza nel Congresso ed era prevedibile che gli elettori volessero un ribilanciamento.

La parte straordinaria del risultato è che sia avvenuta nel Massachusetts, roccaforte democratica. Un po' come quando un candidato Pdl vince in Emilia Romagna. Il messaggio è forte. Se a Boston gli elettori sentono il bisogno di ridimensionare il partito democratico, figuriamoci nel resto del paese. Barack Obama deve prendere nota.
Gli americani temono la sua agenda, molto aggressiva sulla spesa pubblica. Sanno che arriveranno presto nuove tasse, sono preoccupati da una riforma sanitaria che costerà moltissimo e forse si sarebbe potuta fare in modi più consoni alla mentalità americana, basata più sul privato e meno sul pubblico. Per dirla in modo un po' grossolano, il presidente si è spinto troppo "a sinistra" per l'elettore americano, se per sinistra si intende un forte aumento del ruolo dello stato nell'economia con relative spese sociali e tasse.

Senza un cambiamento di rotta le elezioni del prossimo novembre potrebbero diventare una catastrofe per il partito democratico, e c'è da attendersi che quei senatori democratici che devono essere rieletti d'ora in poi si distanzieranno dal presidente.

Le conseguenze di questo voto sono molto importanti anche dal punto di vista numerico. Con 41 senatori il partito repubblicano può fare ostruzionismo e bloccare, ritardare o comunque chiedere più insistentemente modifiche alla riforma sanitaria e alla politica fiscale del governo. Con 40 seggi non lo poteva fare e il presidente avrà le mani più legate di prima. Non solo, ma al di là dell'aritmetica, il presidente dovrà far tesoro del messaggio che gli è arrivato, se non vorrà rischiare la sua rielezione. Un partito repubblicano rinvigorito da una vittoria nel Massachusetts potrebbe produrre un candidato alla presidenza credibile già nel 2012 invece che nel 2016. Obama dovrà rivedere la sua agenda di spesa pubblica così aggressiva e dovrà farlo molto presto. Gli elettori gli hanno mandato un segnale inequivocabile.

21 gennaio 2010
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