Domenica prossima si vota dunque per le elezioni regionali (salvo slittamenti laziali). Tutti i partiti si fanno un gran riempire la bocca con il federalismo, di volta in volta aggettivato come solidale, fiscale, tribale e così via. È di quest'ultima curiosa forma, la tribale per l'appunto, che ci occupiamo oggi. Ce ne dà l'occasione la regione Sardegna che, con una raffica di delibere regionali del 12 marzo, ha stabilito i seguenti principi.
Primo, vengono bloccati tutti gli impianti eolici off-shore nel mare antistante le coste regionali. Gli impianti in questione, per capirci, sono le pale a vento impiantate in mare. Secondo, si modificano le procedure di autorizzazione per gli impianti da fonti rinnovabili. Terzo, si costituisce la società Sardegna Energia spa, di proprietà del 100% della regione e che avrà il monopolio non solo per la realizzazione dei parchi eolici, ma anche per la costruzione e la gestione di tutti gli impianti di energie rinnovabili (dal fotovoltaico alle biomasse).
La scusa ufficiale è la protezione delle belle coste sarde, scusa che viene declamata a gran voce dalla stampa e dai deputati locali che vogliono salvare l'isola dai soliti poteri forti del continente. Si tratta di un atteggiamento insensato, prepotente e quasi certamente illecito.
Insensato, perché la protezione delle coste è una giustificazione molto discutibile, tant'è che i primi a insorgere contro le delibere sono state le associazioni ambientaliste come Greenpeace e Legambiente (non proprio dei deturpatori) che hanno ricordato come l'energia eolica sia essenziale all'ambiente e che le leggi nazionali già pongono vincoli paesaggistici molto stringenti. L'insensatezza economica di mettere in piedi un piccolo moloch monopolista che farà concorrenza sleale agli operatori e, come tutti i monopoli, sarà inefficiente e costoso, mi sembra poi palmare.
Prepotente perché, avendo l'Italia degli obblighi verso l'Unione Europea di produrre il 17% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020, se ogni regione fa come le pare, bloccando le energie alternative, il traguardo non verrà mai raggiunto. La colpa è naturalmente anche dei vari governi e della Conferenza stato-regioni che negli scorsi 5 anni non sono stati in grado di emanare provvedimenti per definire la ripartizione tra regioni della quota d'incremento delle energie rinnovabili. Peraltro, entro il 30 giugno bisognerà presentare a Bruxelles il piano dettagliato di obiettivi intermedi e strumenti realizzativi per arrivare alla meta del 2020: cosa diremo della Sardegna?
Illecito, in quanto è una palese violazione del diritto comunitario che prevede la libertà di stabilimento delle imprese in tutta Europa e persino della nostra "socialisteggiante" Costituzione che protegge la libera iniziativa privata ammettendo solo eccezionalmente monopoli costituiti dallo stato.
Questo colpo di mano è stato reso possibile dall'articolo 117 della Costituzione, il quale stabilisce che la produzione di energia è materia di legislazione concorrente tra stato e regioni, lasciando alle più intraprendenti tra queste ultime di emanare decreti e gabelle bislacchi. Il federalismo che amiamo noi liberali, quello di Thomas Jefferson o di economisti come Gordon Tullock, quando è realizzato in salsa amatriciana assume purtroppo le sembianze della classica lotta... contro i mulini a vento.
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