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Obama ha fatto bene ad offrire la sua mano aperta a chi voglia aprire il pugno e stringerla, ma realismo vuole che ciò possa accadere se e in quanto gli Stati Uniti siano ancora visti come un paese leader, che sa rimanere tale anche in un contesto multipolare e che di sicuro non si lascia prendere in giro dai suoi alleati. Che cosa può aver pensato a Teheran il presidente Ahmadinejad nel vedere come si è comportato il suo collega israeliano? Se l'America può essere presa in giro da Israele, perché non dovrei prenderla in giro io?
Ma davvero Netanyahu intendeva prendere in giro gli americani? Lui prendeva sul serio i suoi coloni, i quali vedono come il fumo negli occhi la ripresa dei "proximity talks", cioè i negoziati non diretti, ma condotti attraverso gli Stati Uniti, alla fine dei quali sarebbero i loro insediamenti ad avere la peggio. E per loro è questa la prospettiva più nera, non riescono a vederne una peggiore e si difendono. Il problema d'Israele e del mondo è che lo stesso governo israeliano ne sia prigioniero e non sia in grado di offrire ai coloni un futuro per loro accettabile.
Di qui gli errori, di qui la corsa verso un approdo tragicamente sbagliato. E mentre il "quartetto" dei grandi giustamente fa da Mosca la voce grossa con Israele e chiede la liberazione dei Territori palestinesi entro due anni, chissà che non tocchi proprio agli Stati Uniti ripartire proprio da qui e non chiedere, ma promuovere una soluzione che sciolga il nodo cruciale dei coloni.