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Imporre una "tassa straordinaria" o limitazioni speciali ai bonus è una risposta politica comprensibile, con quello che sta succedendo. Ma dal momento che l'obiettivo della politica attuale è quello di trasferire denaro alle banche, che senso ha riprenderselo? È vero che istituti di credito sottocapitalizzati non dovrebbero pagare dividendi o bonus discrezionali fino a che non hanno raggiunto i loro target, ma siamo sicuri di volere limitazioni permanenti sui livelli retributivi? Il problema è se gli incentivi incoraggiano o no ad assumersi rischi eccessivi. È su questo punto che dovrebbe concentrarsi la regolamentazione.
Non dobbiamo farci distrarre dall'opposizione del settore finanziario o dalla rabbia populista. Dobbiamo concentrarci sulla questione centrale. Gli sforzi per rendere più sicuri i sistemi li hanno resi più rischiosi. Il risultato è che oggi non funziona né la disciplina di mercato né la regolamentazione. C'è dunque il pericolo che questo salvataggio porti a comportamenti ancora più rischiosi e prima o poi, in un futuro non troppo lontano, a una crisi ancora peggiore. O imponiamo una minaccia di bancarotta credibile, oppure rendiamo più sicure le banche che dobbiamo sostenere, o - ancora meglio - entrambe le cose. Proteggere dal fallimento a tempo indeterminato società scarsamente regolamentate che fanno complessi giochi d'azzardo è intollerabile.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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