L'interessante articolo di Giacomo Vaciago «Se si concentra il merito l'ateneo acquista eccellenza» pubblicato sul Sole 24 Ore del 13 ottobre tocca due temi fondamentali (e amari) per lo sviluppo dell'Italia: la meritocrazia, tanto evocata quanto costantemente tradita nei nostri atti quotidiani, e la stanzialità genetica e culturale della società italiana, cioè quell'accoppiata disastrosa e inguaribile di immobilismo sociale e imprenditoriale che caratterizza il cittadino italiano "standard".
È impressionante, infatti, rilevare quanto siano numerose le analogie (perverse) che contrassegnano, anche in settori assai diversi e apparentemente non confrontabili come quello dell'istruzione universitaria e della sanità, «la trasversalità del particolarismo» italiano e il pervicace radicamento sul territorio dei nostri costumi e dei nostri atteggiamenti gestionali: abbiamo 300 sedi universitarie (per più di 80 università) e circa mille ospedali (tra grandi, medi, piccoli e "microbici").
Sono decenni (o forse secoli!) che non riusciamo a stratificare e distribuire "la competenza" sul territorio, secondo criteri di merito e razionalità.
L'attuale governo sta muovendo i primi passi - gliene va dato atto - per favorire lo sviluppo competitivo degli atenei e per ridurre, conseguentemente, il numero delle cattedre universitarie, con la speranza di creare anche le condizioni per la nascita di veri e propri siti d'eccellenza, che ci trascinino fuori dalla soglia vergognosa del 200° posto nelle classifiche internazionali.
Su tutt'altro fronte si tenta - con lo strumento (per ora filosofico) del federalismo fiscale e con progetti generati "al centro" e poi faticosamente negoziati con la "periferia", cioè con le regioni - di razionalizzare la rete ospedaliera per ridurre il numero dei piccoli ospedali (meglio sarebbe eliminarli del tutto): luoghi di sperpero delle risorse, ma soprattutto luoghi a rischio per l'assistenza sanitaria, come le recenti cronache tristemente testimoniano.
Per cogliere l'insieme di questi obiettivi e far sì che non siano solo proclami elettorali o, più semplicemente, chimere politiche, occorrerà combattere una guerra durissima contro l'egoismo civile, contro i privilegi consolidati nel tempo, contro il provincialismo cocciuto e miope e, in sintesi, contro la mentalità di tutti coloro - e sono tanti, anche nell'apparato dello stato - che vogliono avere un'università e un ospedale vicino a casa, così come il campanile, lo stadio e gli uffici comunali. E non dimentichiamoci anche degli aeroporti.
Deteniamo forse il poco invidiabile primato in Europa per densità di siti aeroportuali sul nostro territorio, con un'enorme dispersione di investimenti e risorse.
Il tempo sembra essersi fermato. Continuiamo ad agire tutti come figli, o meglio pronipoti, della cultura medioevale degli staterelli, dei feudi dominati da vassalli, valvassori e valvassini.
Giuliano Buzzetti è segretario del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica