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La debolezza Usa e lo spettro Atlantide-Europa

di Moisés Naím

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Questa settimana ho riunito a Washington un interessante gruppo di persone per scambiare alcune idee sulle maggiori tendenze mondiali in atto. Vi hanno partecipato famosi analisti di economia e politica internazionale, alti funzionari del governo statunitense, politici, presidenti di organismi multilaterali, direttori di diversi think tanks, direttori di giornali e riviste europee ed americane, professori e dirigenti di alcune grandi aziende.
Lo scopo dell'incontro non era quello di offrire raccomandazioni, emettere un comunicato o stringere accordi, bensì, semplicemente, quello di pensare ad alta voce. Inevitabilmente, l'eterogeneità del gruppo e il carattere aperto delle conversazioni, senza discorsi, senza un programma prestabilito né relazioni scritte, ha permesso di discutere diverse tematiche. Si è trattato di un incontro affascinante e difficile da riassumere, e dal quale ognuno ha potuto trarre le proprie conclusioni. Questa è la mia personale, arbitraria e incompleta selezione dei tre problemi che mi sono rimasti impressi dopo l'incontro.
La perdita di efficacia della democrazia Usa.
L'influenza di molteplici gruppi di pressione, l'aumento del numero e della complessità delle problematiche coinvolte nonché l'estrema politicizzazione del dibattito rispetto alle soluzioni da adottare corrodono l'efficacia delle iniziative della superpotenza. Il sistema sanitario, l'ambiente o l'Afghanistan sono solo alcuni esempi delle mille sfide cui il sistema politico statunitense sta rispondendo in maniera tardiva e mediocre. Sicuramente non si tratta di un problema esclusivo degli Stati Uniti, bensì di tutte le democrazie. In questo frangente, ovviamente, è inevitabile puntualizzare che la soluzione non va cercata nel rifugio nell'autoritarismo, i cui costi e pericoli sono comunque superiori a quelli della democrazia. Tuttavia, la perdita di efficacia delle democrazie è un enorme problema le cui manifestazioni si intensificheranno nei prossimi anni.
Crimine, insicurezza, corruzione.
Non sono più problemi locali. In un grande e crescente numero di stati i cittadini hanno perso il diritto ad uscire di casa senza la paura di essere rapinati o sequestrati. In molti altri paesi non hanno neppure il diritto di rimanere nella propria casa senza il timore di risultare vittime di azioni criminali. Non è una tragedia che riguarda soltanto i paesi più poveri, in quanto sta cominciando ad interessare anche le nazioni più sviluppate. Peggio ancora se si pensa che non si tratta solo di un aumento del crimine nelle strade, ma di un fenomeno che interessa anche le sedi governative. Non stiamo parlando del crimine locale, bensì di quello su larga scala. Non di burocrati che incassano tangenti, bensì di ministri, governatori, legislatori, generali, e perfino capi di stato che fanno parte di organizzazioni criminali che operano a livello internazionale. Per esempio, la corruzione e l'influenza del crimine organizzato nei governi di Afghanistan, Messico, Venezuela, nei Balcani o in Russia, non si ripercuote soltanto sui cittadini di questi paesi, bensì sul mondo intero.

È da tempo che insisto su questo problema e ho addirittura scritto un libro al riguardo. Ciò che però mi ha colpito è che è la questione sia emersa diverse volte, come una preoccupazione di primaria importanza, tra persone che lavorano in settori molto diversi e in paesi caratterizzati dalle esperienze e interessi più disparati.
Europa Atlantide del XXI secolo?
Secondo Platone, l'Atlantide era una grande potenza che sparì dalle mappe «in un solo giorno e una sola notte di disgrazia». Sparirà l'Europa dalle mappe della politica e dell'economia mondiale durante questo secolo? L'Europa ha davanti a sé sfide immense e molto difficili da affrontare. Il processo di integrazione e l'adozione di istituzioni più efficaci per il governo comunitario, la disoccupazione strutturale e l'immigrazione, la competitività e la debolezza dell'Europa nell'agire a livello globale con un'unica voce rappresentano solo parte della lunga lista di problemi già noti che gli europei devono risolvere. Il fatto che il mondo non si fermerà ad attendere che l'Europa risolva le proprie difficoltà rappresenta un problema aggiuntivo. Mentre gli europei si riuniscono e dibattono, il resto del mondo cresce, investe, innova, commercia e sorpassa gradualmente il vecchio continente. Secondo un recente studio condotto da Uri Dadush del Carnegie Endowment, Cina, India e gli Stati Uniti diventeranno nel 2050 le tre economie più importanti del mondo, mentre il peso economico e politico dell'Europa si ridurrà drammaticamente. Non si tratta però di un destino inevitabile. Ma a meno che non si verifichi un cambiamento profondo in Europa o nel resto del mondo, si tratta del destino più probabile.
Durante la riunione di Washington abbiamo discusso di molti altri argomenti, e non tutti hanno trasmesso lo stesso pessimismo di quelli di cui abbiamo parlato. Purtroppo, però, sono stati i problemi, piuttosto che le buone notizie, ad occupare la maggior parte del nostro tempo. Peccato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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